
Per il secondo giorno consecutivo, centinaia di residenti palestinesi sono scesi in piazza per protestare non solo contro la guerra, ma anche contro Hamas. Le manifestazioni si sono svolte a Beit Lahia, nel nord di Gaza, e nel quartiere di Shejaiya, a Gaza City. Un segnale raro ma importante, del crescente malcontento interno tra i palestinesi.
Nel frattempo sul fronte ostaggi Netanyahu pare sempre più determinato e non molla. “Se Hamas non rilascerà gli ostaggi ancora prigionieri a Gaza, Israele aumenterà la pressione militare” ha dichiarato il premier intervenendo alla Knesset. «Più Hamas persiste nel suo rifiuto di rilasciare i rapiti, più forte sarà la pressione su di loro. E li avverto: questo include il sequestro di territori», ha affermato Netanyahu, sottolineando che i combattimenti a Gaza continueranno finché tutti gli obiettivi di Israele non saranno raggiunti. Da Gaza le risposte arrivano su più fronti. Hamas e Jihad Islamica continuano con la linea della violenza, rivendicando il lancio di due razzi contro Israele: uno è caduto in un’area aperta vicino a una comunità di confine, l’altro intercettato. In risposta, l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione di alcuni quartieri di Gaza City, accusando i gruppi terroristici (abitudine consolidata) di lanciare razzi da zone densamente abitate. Ma all’interno dell’enclave palestinese cresce anche un’altra voce: quella della popolazione civile che insiste nel chiedere ad Hamas di arrendersi. Sul fronte interno, il governo Netanyahu continua a essere oggetto di contestazioni. Durante il suo discorso alla Knesset, il premier ha attaccato duramente i manifestanti antigovernativi, definendoli «pagati» e accusandoli di violenze, minacce di morte contro esponenti della maggioranza e atti vandalici. Ha ribadito che «la democrazia non è in pericolo, ma lo è il governo dei burocrati e del deep state», puntando il dito contro «un gruppo di funzionari che vuole mantenere il potere».