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L’ora legale Pillole di Costituzione a cura di Piergiorgio Ricca

Dopo aver esaminato i principi fondamentali previsti nei primi dodici articoli della nostra Carta Costituzionale, è doveroso volgere lo sguardo verso i diritti e i doveri dei cittadini, disciplinati dalla cosiddetta “Parte prima”, ricomprendente gli articoli che vanno dal numero 13 al 54.
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Il Titolo I della Costituzione è dedicato ai “Rapporti civili”; nell’ambito dei diritti civili è necessario distinguere le libertà individuali dalle libertà collettive. Come libertà individuali possiamo citare, a titolo esemplificativo: la libertà personale (art. 13 Cost.), la libertà di domicilio (art. 14 Cost.), la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.).
Nel novero delle libertà collettive, per citarne alcune, non bisogna dimenticare la libertà di riunione (art. 17 Cost.) e la libertà di associazione sindacale (art. 39 Cost.).
Partendo dalla classica e primaria libertà individuale, non possiamo non riferirci alla libertà personale, prevista, come poc’anzi sottolineato, dall’art. 13 Cost.
Il primo comma della suddetta disposizione è sintetico, ma molto preciso, stabilendo che: “la libertà personale è inviolabile”. Si tratta di un diritto fondamentale della persona, da intendersi sia come libertà da ogni coercizione fisica che come libertà morale.
“Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”, questo è quanto previsto dal primo capoverso, specificando precise garanzie a tutela della libertà personale. Due sono gli istituti di garanzia che tutelano la restrizione della libertà personale, potendo essere disposta soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria (solo il giudice può applicare tali limitazioni: riserva di giurisdizione), nei soli casi e modi previsti dalla legge (solamente la legge può limitare la libertà e non anche un regolamento od una consuetudine: riserve di legge).
Unica deroga al regime ordinario, previsto dal secondo comma, è quanto viene recitato dal terzo: “in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto”. Per le ipotesi in cui, ragioni di necessità e di urgenza, non consentano un tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, può direttamente intervenire l’autorità di pubblica sicurezza (es. Polizia di Stato), sempre e solo nei casi tassativamente disciplinati dal Codice di procedura penale. Tutto ciò può condurre all’applicazione di misure limitative della libertà personale, aventi carattere transitorio.
Importante è ciò che viene enunciato nel quarto comma, dell’art. 13 Cost.: “è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”. Tale principio si ricollega al valore rieducativo della pena, il quale esclude che possano essere irrogate pene contrarie al senso di umanità ed impone che le pene debbano tendere alla rieducazione del condannato. L’affermazione del valore rieducativo della pena spiega anche il divieto della pena di morte.
Il quinto ed ultimo comma, dell’art. 13 Cost. afferma che: “la legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”, ciò punta ad evitare che il periodo di detenzione, cui può essere sottoposto un soggetto, in attesa di definizione della propria eventuale responsabilità penale, non deve trasformarsi in una sorta di pena anticipata, ma è necessario che la legge fissi dei termini massimi, scaduti i quali l’interessato ha diritto ad essere “rimesso” in libertà.
In conclusione, la “ratio legis” di tale disposizione pone la libertà personale come il primo dei diritti dei singoli in quanto essa è presupposto indispensabile affinché ognuno possa accedere anche alle altre libertà. Tale riconoscimento, tuttavia, non è assoluto, in quanto incontra dei limiti che i “Padri Costituenti” hanno deciso di precisare, ricordando come la dittatura del “ventennio fascista” avesse azzerato tutti i diritti e le contestuali libertà dei consociati.

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