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Fine del franchismo in Spagna nel 48° anniversario dalla morte

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La Spagna ricorda questo lunedì, il 48° anniversario della morte del dittatore Francisco Franco, evento che causò la caduta del regime totalitario al potere nel paese dal 1939. Franco (1892-1975) si era ammalato settimane prima, ma era la notte del 20 novembre 1975 quando l’allora presidente del governo, Carlos Arias Navarro, annunciò la sua morte alla televisione nazionale spagnola, aprendo il periodo chiamato “Transizione” e che culminò con il ritorno della democrazia. Franco stabilì il suo regime dopo aver vinto la guerra civile (1936-1939) contro i repubblicani e lo consolidò con le alleanze con il nazismo tedesco e il fascismo italiano, nonché con settori ultraortodossi del clero cattolico e sulla base di una brutale repressione degli oppositori. A partire dal 1959, il regime franchista avviò il cosiddetto Piano di stabilizzazione, un insieme di misure per stabilizzare e liberalizzare l’economia spagnola e aprirla al mondo esterno. Di conseguenza, la Spagna iniziò ad essere una società con maggiori risorse educative. Un tentativo lo fece Arias Navarro, all’inizio del suo governo nel 1974, propose un processo di apertura democratica, ma questo desiderio di apertura non durò a lungo. Nel febbraio di quell’anno, Arias Navarro (agli arresti domiciliari) fu sul punto di mandare in esilio il vescovo di Bilbao, Antonio Añoveros Ataún, che in un’omelia si espresse a favore dell’uso della lingua basca difendendone valori e cultura. Nel frattempo Il Vaticano e la Conferenza episcopale spagnola sostennero Añoveros Ataún minacciando di scomunicare tutti i funzionari governativi se l’espulsione del vescovo si fosse concretizzata. Il 12 marzo 1974 fu giustiziato con la garrota l’anarchico catalano Salvador Puig Antich, condannato a morte per l’omicidio di un commissario di polizia. L’esecuzione generò un’ondata di indignazione e condanna in tutta Europa. Nel 1975 si moltiplicarono le manifestazioni di rifiuto del regime totalitario da parte dei settori studentesco e operaio, oltre alle azioni dell’organizzazione separatista basca dell’ETA. Oltre a ciò, nell’estate dello stesso anno vi fu l’arresto di diversi membri delle Forze Armate, accusati di appartenere all’Unione Militare Democratica clandestina (UMD). Il 27 settembre 1975 il regime morente uccise cinque persone. Furono gli ultimi ad essere fucilati dal regime franchista, che, si stima, giustiziò circa 50.000 persone con quel sistema. I  giustiziati furono José Luis Sánchez-Bravo (21 anni); Ramón García Sanz (27 anni); José Humberto Baena (25 anni); Juan Paredes Manot “Txiki” (21 anni) e Ángel Otaegui (33 anni). Sánchez-Bravo, García Sanz e Baena erano militanti del Fronte Antifascista e Patriottico Rivoluzionario (FRAP), mentre Manot “Txiki” e Otaegui erano dell’ETA. Erano stati accusati di aver ucciso un agente di polizia e tre guardie civili. Le persone coinvolte sono state giudicate colpevoli con un processo molto sommario, cioè senza garanzie procedurali, poiché il fascicolo giudiziario era stato trattato in poche ore. Né Franco, tantomeno Arias, hanno dato ascolto al clamore globale, compreso quello dell’allora Papa Paolo VI, per commutare la condanna a morte, avvenuta nel mezzo dell’Europa democratica, del Mercato Comune e della difesa globale dei diritti umani. Due mesi dopo sarebbe avvenuta la morte del dittatore Franco, che diede inizio alla transizione democratica spagnola e che diventò l’attuale monarchia parlamentare.

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