
Viviamo in una società frustrata perché le aspettative non si realizzano mai. Chi non vive per gli altri non vive per se stesso. “Nessuno è un’isola, ogni morte mi diminuisce” (dice John Dunne) Il Capitalismo ci ha convinto a salvarci ciascuno per conto nostro, ma si vede che questo è un errore. O ci salviamo come società o affondiamo come società. Per ora la cosa va male, ogni volta peggio. I milionari che pensano di poter formare un piccolo gruppo dove poter vivere isolati sono totalmente sbagliati, nessuno è un’isola. L’attività planetaria non si basa più sul lavoro come profetizzò Marx (Le ultime quindici pagine de Il Capitale sembrano essere più presenti che mai) L’attività planetaria si basa oggi sul consumo; se non c’è consumo non c’è modo di sostenere il gioco. In Inghilterra, l’economista Daniel Susskind, uno dei più importanti referenti dei successivi governi di sinistra o di destra, suggerisce che si dovrà pensare al tempo libero della società (perché il lavoro sarà sempre più scarso) e ad un reddito cittadino, altrimenti tutto cadrà come un castello di carte. Se queste riflessioni si verificano a Londra, uno degli epicentri del capitalismo mondiale, significa che siamo già con l’acqua alla gola. Non c’è spazio per errori. Nonostante l’imminente pericolo, il dramma prosegue con inarrestabile splendore. Venezia affonda, ma per un piccolo biglietto possiamo assistere alla nostra disgrazia. Non si può essere più idioti!
Il capitalismo ha anche demonizzato la povertà, quindi i poveri sono una piaga che bisogna tollerare… o eliminare. Tollerare dandogli qualche misero sussidio o eliminarli lasciandoli a se stessi e diffondendo l’oscena menzogna che i poveri sono, per loro natura, riluttanti al lavoro, inutili per principio e politicamente usa e getta (in periodi elettorali vota solo il 37% della popolazione impoverita) In generale è la gente umile, debole, povera e subalterna che popola le carceri. Non ci sono prigioni per ricchi. Il potere preferisce sempre l’ingiustizia al disordine, dice Goethe.
Viviamo nella società dell’ignoranza, dell’ignorante, quindi è una triste conseguenza che i politici che escono da quella società siano un disastro. La mancanza di linee guida e di criteri sembra essere il denominatore comune che caratterizza oggi le persone. Leggete le opinioni sui social network; tutti hanno un’opinione su tutto. È in questo caos sociale che si costruisce il futuro. 200 anni fa il sapere era un riferimento, oggi, l’informazione è il riferimento, il Big Data. Abbiamo accesso a tutto ciò che significa non sapere di nulla. Non basta sapere leggere, dice Camilleri, bisogna capire quello che leggiamo. Il gigantesco volume di informazioni a cui abbiamo accesso ci immerge in un mare di confusione. Non c’è relazione tra quantità e utilità, la maggior parte delle cose che leggiamo quotidianamente non ci servono a nulla e saranno dimenticate in poche ore.
Oggi non si discutono idee, la sana discussione di cui parlava Montaigne è diventata un’arte dimenticata. Tutto sono monologhi, essendo noi stessi la nostra propria camera di risonanza, il nostro proprio pubblico. Nella solitudine del nostro io, senza coscienza sociale, ripetiamo come idioti il monologo di Macbeth senza capire nemmeno quello che diciamo (O Padre! Perché mi hai abbandonato! Che dichiarazione edipica!) Un’altra conseguenza del terribile tempo che ci tocca vivere è l’agonia della Verità. La Verità, come diceva Camus, è qualcosa che dobbiamo cercare ogni volta più lontano o qualcosa che dobbiamo trovare scavando ogni volta più profondo e nelle viscere della terra, di questa terra di stenti dove ci è toccato vivere. La verità è qualcosa di sempre più raro, qualcosa di strano e inaspettato. La menzogna invece non vale nulla perché la si trova ovunque.
L’ONU riconosce già apertamente che l’umanità ha perso la sua strada, l’ho letto due giorni fa su un giornale. E ammette, rassegnata, che non si realizzerà l’Agenda 2030 contro il Cambiamento Climatico. Credo che perfino gli animali ci temano. Siamo un pericolo. Un vero e proprio pericolo. Ci incamminiamo verso il disastro e la cosa migliore che possiamo fare è chiedere un biglietto di 5 euro per entrare a Venezia e assistere in diretta alla scomparsa della Bellezza. Bisogna anche ammettere che il biglietto da 5 euro non fermerà l’orda di turisti; è un’altra delle contraddizioni che ci offre il Capitalismo Tardivo. Più grande sarà il turismo di massa, più grande sarà il nostro traguardo. Più grande sarà l’economia, più grande sarà il nostro fallimento. Nel nostro modo di vivere il successo e il fallimento sono intimamente legati. Affascinati dal successo non facciamo altro che fallire strepitosamente. Che altro possiamo dire ai nostri figli? Possiamo dirvi che oggi non è ben vista la solidarietà ma l’egoismo e che si preferisce la menzogna alla verità o l’esagerazione alla sobrietà e che si sceglie la spavalderia e non la discrezionalità. In questo tempo che ci tocca vivere la falsità e l’ipocrisia sono come l’aria che respiriamo.
C’è una lunga lista di economisti e politici pagati dal sistema finanziario che dicono di essere convinti dei benefici del sistema capitalista. Non spiegano, né spiegheranno, il fallimento del capitalismo in America Latina, in Africa o in Asia. Gli Stati Uniti, l’esempio più capitalista del mondo, è una società spaventosa, lacerata in profonde disuguaglianze dove tutto o quasi tutto ha un prezzo o è in vendita (per duemila dollari all’anno puoi avere il telefono personale del tuo medico di famiglia. Anche all’interno delle carceri un detenuto può avere una cella migliore per una quantità di dollari all’anno) Come spieghiamo questo ai nostri figli? O cosa possiamo fare perché non si trasformino in persone infelici che abitano questa triste realtà. Il Sistema diffonde anche la colpa, ognuno di noi porta con sé una quantità di colpa che ci è stata inculcata fin dall’infanzia. “La nostra generazione ha fallito” si dice, “I poveri sono poveri perché vogliono o non vogliono lavorare” ripete meccanicamente qualche idiota, “Solo con lo sforzo si può andare avanti”, “Il talento si premia sempre”, “Viviamo nella società dell’informazione e della conoscenza” e altre grandi stupidità e bugie che alimentano la nostra colpa mentre passano gli anni, frustrazione dopo frustrazione.
Uno scrittore è abile o nocivo. È nocivo se è farraginoso, se deforma o falsifica (anche senza volerlo) o si adegua ad un’opinione in cui non crede. Uno scrittore è utile se aiuta la lucidità del lettore e lo libera da timidezze e da pregiudizi. Mi piacerebbe, con umiltà, appartenere a questa seconda categoria, aiutare il lettore a sentire e vedere ciò che altrimenti non avrebbe visto. Ma temo, come molti, di essere destinato al fallimento, perché la realtà è così densa, così inespugnabile a volte (direbbe Virginia Woolf) che vediamo solo una piccola parte, minima e miserabile, come il prigioniero di un sogno che guarda sconcertato attraverso una fessura un mondo che non capisce.
Né la scienza né la tecnologia possono rispondere alle domande fondamentali, e nemmeno il denaro. Infine, non potremo sfuggire alle cose che sono importanti nella nostra vita. Perché perdiamo le persone che amiamo, perché si perde la salute, perché la vita ci mette di fronte a situazioni tragiche. Perciò di tutte le crisi che subiamo la più devastante è la crisi dell’educazione. Machiavelli ci aveva già avvertito che l’Impero Romano era caduto per la quantità di barbari dentro e fuori l’Impero. Il Caos è la sostituzione della qualità con la quantità. Oggi tutti sono numeri, tutti sono statistici, tutto è classificato, tutti vogliono essere ricchi! L’impegno per la verità è l’impegno dell’intellettuale; dell’autentico intellettuale che cerca la verità. Allo stesso modo in cui molte persone credono (e mentono quando credono) che facciano teatro quando in realtà si dedicano all’intrattenimento per borghesi. Il teatro è un’altra cosa, è una sorta di sacerdozio dove la cosa più importante non è apparire sui giornali o diventare famoso. Il teatro è un rituale magico che interroga il nostro incerto futuro molte volte guardando al passato. Sofocle era uno stregone e un provocatore; Brecht, un terrorista della parola.
E così oggi, in pieno secolo XXI, perduti il mistero e la magia, disprezzate la religione e l’etica, ci resta solo la ragione. Ma la Ragione non ci serve per affrontare la morte. La Ragione non ci dà conforto di fronte al dolore che assistiamo ogni giorno. La Ragione cerca solo scuse, perché in nome della Ragione si dicono anche bugie, quelli che mentono per avere ragione. L’uomo ha conquistato il mondo ma ha perso se stesso. Abbiamo costruito questa realtà che è diventata un incubo da cui non possiamo svegliarci. La TV è un demone ipnotico che sottomette la nostra mente ai capricci ridicoli dei Centri di Potere. Siamo influenzati dalle idee più assurde e banali in nome della moda, del denaro e dell’apparenza. Le guerre iniziano e finiscono con una facilità sorprendente mentre i discorsi politici ci annunciano sempre nuovi sacrifici. Non è mai abbastanza! Incredibilmente, ci sono miliardi per le armi e una grande carenza per la sanità e l’istruzione. Le munizioni sono più importanti dei vecchi e dei giovani. E ci dicono che questo è il progresso! Lanciati ciecamente alla conquista del mondo, preoccupati soltanto della gestione del denaro, abbiamo perso ogni contatto con noi stessi, con la nostra più intima identità. Siamo forestieri nella nostra allucinazione perché non ci riconosciamo più nello specchio umano. Siamo arrivati a un bivio dove l’uscita porta da nessuna parte.
La Poetica è la cosa unica che può salvarci, contattare di nuovo con il più umano di noi stessi. Siamo cannibali in una società che divora il proprio cuore e tutti siamo invitati al macabro banchetto. Prendi questa nota come un grido disperato davanti alla visione prossimale dell’abisso. La Poetica è la cosa unica che può salvarci. Tuttavia so benissimo che molti di coloro che leggono questa nota penseranno che sono un illuso, un povero stupido che crede nel prossimo. Non è l’illusione l’ultimo che si perde? La Poetica è la cosa unica che può salvarci. Non si tratta che tutti si dedichino al compito di scrivere poesie. Non sono così idiota. Si tratta di non vedere il prossimo come un nemico, non vedere qualcuno che dobbiamo sconfiggere o schiavizzare, ma qualcuno con cui possiamo collaborare. Si tratta di mettere l’umano prima del profitto del denaro o della droga del potere.
La Poetica è la sola cosa che può salvarci. Moltiplica la possibilità di essere migliori. Apre strade che la logica mercantilista non conosce. Si connette con il meglio dell’uomo e denuncia le sue parti oscure esorcizzando la sua pulsione di morte e le trasforma in farfalle che volano verso un futuro possibile. Non è vero, Zarathustra?
Ruben Ricca (regista e autore)
1 commento su “La realtà e il desiderio…di Ruben Ricca”
Condivido e aggiungo: la fase ascendente del capitalismo è terminata e la fase discendente è portatrice di disastri. Non dimentichiamoci che il capitalismo ha bisogno di costante crescita della produzione e della popolazione, mentre la Terra ha bisogno che i consumi di riducano e l’animale uomo abbassi la sua natalità.