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Il Libro. “Nome in codice: Jolanta” di Anna Mieszkowska

Tempo di lettura: 2 minuti

Irena Sendler (1910-2008) è stata un’infermiera e assistente sociale polacca che collaborò con la Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo nome di battaglia era Jolanta. In quanto assistente sociale, aveva accesso libero al ghetto di Varsavia, dal quale riuscì a salvare circa 2500 bambini, attraverso numerosi sotterfugi: fughe con il tram, ambulanze, percorsi in cunicoli sotterranei, passando persino per il palazzo di giustizia della città o le fognature. Il pianto dei piccolissimi era coperto dall’abbaiare di un cane appositamente portato da Irena o dai suoi
collaboratori.
Una volta messi in salvo i bambini, Irena forniva loro documenti falsi e si occupava di trovare un alloggio presso famiglie cristiane, conventi e orfanotrofi.
Per non cancellare la memoria e la storia dei bambini, scrisse i nomi ebrei e i nuovi nomi cristiani su dei foglietti, che chiuse in barattoli di marmellata e sotterrò nel suo giardino.
Il suo sogno era, finita la guerra, riuscire a ricongiungere i bambini e le loro madri.
Le istituzioni filonaziste del suo paese la consideravano “troppo amica degli ebrei”. Ma, come lei stessa raccontò, era stata educata a non avere pregiudizi, e si spendeva con totale dedizione, amore e tolleranza, per la salvezza di quei bambini che, essenzialmente, erano condannati.
Nel 1943 fu arrestata dalla Gestapo, che però non si rese conto dell’importanza della persona che aveva in mano: sottoposta a tortura, non rivelò mai cosa faceva in realtà e non tradì la Resistenza. Condannata alla  fucilazione, riuscì però a fuggire. Il 15 dicembre 1965 Irena Sendler fu riconosciuta, dallo Yad Vashem, Giusta tra le Nazioni.
Questo è un libro che non lascia indifferenti, pieno di particolari e ricordi, che aiutano a comprendere le situazioni cruente e pericolose del periodo e il grande coraggio dimostrato da Irena.
Questa storia venne “riscoperta” nel 1999 da quattro ragazze della cittadina americana di Uniontown, nel Kansas, le quali allestirono uno spettacolo teatrale, “La vita in un barattolo”, che portò alla ribalta internazionale la donna. Quasi nessuno era al corrente di ciò che ella aveva fatto per 2.500 bambini ebrei durante l’occupazione tedesca in Polonia, e pochi sapevano che la Sendler era ancora in vita. Una volta contattata, studentesse, giornalisti e capi di Stato capirono di aver di fronte una donna fuori dal comune. Lei aveva vissuto in pieno la tragedia del ghetto, dei
massacri e delle deportazioni. Tutto, per lei, poteva essere sopportato, tranne l’idea che i bambini potessero essere deportati e massacrati in una delle più violente vicende che l’umanità abbia mai conosciuto.

Delia Covato

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© Riproduzione riservata

1 commento su “Il Libro. “Nome in codice: Jolanta” di Anna Mieszkowska”

  1. Tonino Spinello

    Storia veramente commovente oltre che appropriata con i tempi di oggi!
    Chissà quanti di questi bambini ora magari si affliggono per i nazisti che combattono contro chi li ha liberati. Oppure fanno la raccolta di libri russi per bruciarli, chissà. Spero comunque di no!
    Chissà se quest’angelo di nome Jolanta è conosciuto dai polacchi stessi. Un libro del genere, penso li farebbe riflettere e non poco, come dovrebbe fare riflettere le persone perbene che vivono nel giardino fiorito della nostra grande Europa!

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