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Meditazione per il giovedì Santo molto rev.do Vittorio Rizzone

Tempo di lettura: 2 minuti

“Fate questo in memoria di me”.

La sera del Giovedì Santo la liturgia ci fa fare memoria dell’istituzione dell’Eucaristia, quel gesto profetico che Gesù pone come, da un canto riassuntivo di tutta la sua vita definita come “pro-esistenza” dal teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, una vita, cioè vissuta consapevolmente per gli altri e in funzione degli altri: “Questo è il mio corpo che è dato per voi… Questo è il mio sangue che è versato per voi” (cfr. Lc 22,19.20) e, d’altro canto, gesto prolettico della sua Pasqua personale, del suo passaggio da questo mondo al Padre, attraverso la passione e la morte. Il gesto è accompagnato dal comando “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19).

Ma, la liturgia della Parola, ci pone davanti alla contemplazione di un altro, analogo, mimo profetico che Gesù compie nel corso di una cena: la lavanda dei piedi dei discepoli. Si tratta di un gesto nuovo, che Gesù non ha fatto altre volte, tanto da destare meraviglia e stupore dei discepoli, anzi l’opposizione da parte di Pietro, che non riesce ad accettare che il Santo di Dio si degradi fino a tale punto. Gesù, peraltro, compiendo tale azione non prima di essersi accomodati nel cenacolo, ma, molto probabilmente, alla fine della cena stessa – della quale non si parla più nel Vangelo – le conferisce particolare risalto, manifestando la sua consapevolezza (cfr. Gv 13,1.3: Gesù sapendo…) e la sua volontà di essere un servo, o, meglio, uno schiavo: il lavare i piedi, infatti, è una funzione tipica dello schiavo (cfr. 1Sam 25,41), indegna di una persona libera. “Ecco, io sono in mezzo a voi come uno che serve” dice nel contesto della cena pasquale in Lc 22,27.

Il gesto è la manifestazione concretamente espressiva di quanto Paolo canta nell’inno della lettera ai Filippesi (2,6-8): Cristo Gesù che si spoglia delle proprie prerogative divine (kenosis), per vivere fino in fondo la solidarietà con la natura umana assumendo l’infima condizione di schiavo, e fino alle estreme conseguenze (la morte, morte invero di croce: “li amò sino alla fine” dice Gv 13,1). Egli si fa servo/schiavo di Dio ed esprime tale obbedienza al Padre, ponendosi a servizio dei suoi fratelli uomini. Il gesto, pertanto, svela tutto il senso dell’incarnazione – vita, morte e risurrezione – e quindi anche il senso dell’Eucaristia: Gesù si consegna a nostra totale disposizione, e pone anche questo gesto sotto un comando analogo a quello dell’Eucaristia: “anche voi dovete lavarvi i piedi reciprocamente. Infatti, vi ha dato un esempio affinché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,14b-15).

La scelta operata dalla liturgia, di proporre il brano della lavanda dei piedi in luogo di quello dell’istituzione della Eucaristia, svela il senso profondo di questa e l’intenzione dell’evangelista Giovanni: l’Eucaristia – come, del resto, ogni atto che ci pone in relazione a Dio Padre -, si invera nella comunione con gli uomini e con il servizio da rendere a loro. Il gesto di estrema umiliazione compiuto da Gesù, il quale dice di sé che “è venuto non per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita” (cfr. Mt 20,28) ci ricorda che i nostri riti abbisognano di un riscontro coerente nella prassi e che li si celebra con autenticità soltanto se ci si mette in reale servizio degli altri, se si comprende che la vita va vissuta non per affermarsi sugli altri, o con la pretesa di realizzarsi senza o contro gli altri. Con quel “Non vi conosco” che il Signore dirà a coloro che ritengono che per salvarsi sia sufficiente “aver mangiato e aver bevuto alla sua presenza” e aver ascoltato i suoi insegnamenti (cfr. Lc 13,26), senza avere operato di conseguenza, intende esprimere che nelle nostre liturgie c’è il rischio della vacuità, della mancanza di una vera e profonda comunione con Dio e con i fratelli.

+ Dom Vittorio Rizzone, OSB, ECLJ – Abate di San Martino delle Scale

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1 commento su “Meditazione per il giovedì Santo molto rev.do Vittorio Rizzone”

  1. Ispettore Orazio

    Secondo me servo è una cosa e schiavo un ‘altra, il servo ha più facoltà di scelta. Poi l’accostamento non mi pare né necessario né consono. Gesù non si umilia lavando i piedi né si sottomette, la mentalità del mondo vede l’umiliazione e la sottomissione in ciò che é soltanto amore, l’eucaristia è donazione amore che si dona, non è amore che serve. Insomma sono un semplice ispettore ma la vostra teologia non mi convince.

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