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Il libro. Saramago e le “Intermittenze della morte”….di Delia Covato

Tempo di lettura: 2 minuti

A partire dalla mezzanotte del 31 dicembre, in un paese non identificato, la gente smette di morire. Senza alcun avvertimento, la Signora con la falce si prende una pausa dal suo lavoro. Quella che potrebbe apparire come la più desiderata delle fortune, si trasforma, in breve, nell’incubo più temuto: nessuno muore, ma non si guarisce dalle malattie terminali e non ci si risveglia dal coma.
Gli ospedali e le case di riposo si riempiono di gente in fin di vita, le agenzie di pompe funebri e le compagnie di assicurazione subiscono un crollo senza precedenti. In molte famiglie ci si trova a convivere con parenti sospesi tra la vita e la “non morte”.
Anche la Chiesa entra in crisi: senza la morte non esiste resurrezione e quindi si mette in discussione la stessa esistenza di Dio.
Dopo sette mesi, però, la situazione cambia drasticamente. Sarà la stessa morte ad ammettere pubblicamente che si è trattato di uno sbaglio, che si pente e che riprenderà la sua attività regolarmente, ma con un cambiamento, che alla morte stessa sembra una gentilezza, qualcosa per cui essere grati: annuncerà ai cittadini il momento della loro dipartita da questo mondo con una settimana di anticipo, inviando una lettera viola.
Ma il giorno in cui la lettera viola indirizzata ad un violoncellista cinquantenne, il meccanismo non sembra funzionare, la lettera torna indietro al mittente, che sarà obbligata ad abbandonare le sue macabre vesti per confondersi tra gli umani ed indagare il motivo dietro questo strano evento. Così la morte si trasforma in donna, diventando umana. Saramago riesce nel suo intento di umanizzare la morte, perché ironizza sul suo aspetto, descrivendola come il classico scheletro con la falce e sulla sua effettiva dimensione di potere, raccontandola come una sorta di
impiegata, una delle tante morti, ognuna con le sue competenze, che rispondono a entità a loro superiori, ed anche perché la riporta ad una dimensione umana, ricordandoci che è una tappa del percorso, qualcosa che ci toccherà comunque affrontare.
Saramago tende a scrivere frasi molto lunghe, usando la punteggiatura in un modo anticonvenzionale, con un tono incalzante, non usa le virgolette per delimitare i dialoghi, non segna le domande col punto interrogativo, interagisce con i suoi lettori dando delle spiegazioni sulle sue scelte narrative.

Perché leggere questo libro? Per seguire Saramago nel suo divertimento, quello di sfidare la morte e mettere in discussione una delle scarse, brutali certezze – forse l’unica? – che è presente nella vita di tutta l’umanità, e per avviarci in tante, innumerevoli riflessioni, tante quante sono le persone sulla Terra.

Delia Covato

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© Riproduzione riservata

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