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Cosa fermerà l’ex ufficiale del KGB?…l’opinione di Rita Faletti

Tempo di lettura: 2 minuti

Nonostante i cortei di pseudopacifisti, antiamericani anticapitalisti e anti Nato a prescindere, in continuità, chissà perché, con quelli contro la “tirannide pandemica”, nonostante i veti di pacifisti finti e filorussi veri sull’invio all’Ucraina di armi letali o offensive (non scherziamo, un’arma non letale non è un’arma), nonostante la lista di intellettuali (c’è pure Di Battista!) firmatari di una petizione contro la partecipazione di Zelensky al Festival di Sanremo (pare una breve apparizione da Kyiv) scandalizzati perché così si mescolano le mele con le pere, il tuo Paese in guerra e gli spartiti di quattro canzonette – quando si dice la strumentalizzazione – nonostante tutto questo, i governi occidentali e le opinioni pubbliche, sostengono con fermezza, oltre al dovere dell’unità, la necessità di continuare ad aiutare Kyiv. Leopard tedeschi, Abrams americani, missili inglesi Brimstone, sistemi di difesa aerea francesi e italiani. Rinnovare il potenziale di deterrenza tecnologica e bellica dando agli ucraini i mezzi per difendersi e ridurre allo stremo le forze nemiche, farà sì che si arrivi ai negoziati, con i quali quasi sempre si conclude un conflitto. Macron, prima cauto, non ha escluso di inviare caccia da combattimento, “Putin non deve vincere”. Resta inevasa una domanda: cosa fermerà l’ex ufficiale del KGB un anno fa sicuro di prendersi l’Ucraina senza colpo ferire, oggi impegnato a preparare un’offensiva che controbilanci i magri risultati conseguiti malgrado il massiccio impiego di mezzi e l’alto sacrificio di uomini? La natura dell’individuo, l’ambizione sproporzionata, l’assenza di scrupoli, hanno finora vanificato i tentativi di concordare anche solo una tregua, “Raggiungeremo gli obiettivi stabiliti”. Ingenti perdite umane sono un prezzo che Putin pagherà senza battere ciglio finché avrà uomini da mandare al macello. Il capo del Cremlino non è più un mistero per nessuno, se mai lo sia stato. Nel 2000, quando divenne presidente, risollevò l’economia russa da una crisi profonda e restituì stabilità al Paese che lo ricambiò con il 70 per cento dei consensi. L’ottimismo dei russi e dell’Occidente dopo la caduta del Muro e la fine della Guerra fredda era giustificato? Se lo chiesero i leader delle sette democrazie riuniti a San Pietroburgo per il summit del G8 nel 2006. All’ospite concessero il beneficio del dubbio benché già allora il giro di vite fosse chiaro. La debordante presenza dello Stato in un’economia dipendente in larga misura da petrolio e gas e un’industria controllata da un piccolo gruppo di cleptocratici cortigiani ed ex spie, avevano prodotto corruzione e inefficienza; ogni seria opposizione politica schiacciata, i media radio televisivi chiusi o assorbiti dal governo e dai suoi alleati/fiancheggiatori, governatori regionali asserviti o arrestati, parlamento addomesticato con l’intento del Cremlino di monopolizzare il potere. E se la classe media poteva vantare una certa prosperità, a un’ora di strada dalla capitale le condizioni di vita nei villaggi erano al di sotto del livello di povertà. Il sistema autoritario creato da Putin aveva spento i deboli barlumi di democrazia ereditati da Yeltsin, cancellato ogni minimo spazio di libertà e reso illusoria la pretesa del rispetto dei diritti umani, considerati una fisima dell’Occidente e secondo le teorie complottiste del Cremlino, un pretesto per colpire gli interessi russi. Quando le cose iniziarono ad andare storte? Con l’attacco alla Yukos, l’azienda petrolifera di Mikhail Khodorkovsky, mandato in carcere per ragioni politiche? Con l’assedio ceceno alla scuola di Beslan, in Ossezia del Nord nel 2004, finito con la morte di 300 persone, metà bambini, a causa dell’intervento delle milizie federali inviate da Putin per dare un messaggio di forza, ignorando le condizioni poste da Shamil Basayev, l’orchestratore dell’attentato, per liberare gli ostaggi? Eppure Basayev era il signore della guerra che combatteva con la Russia il terrorismo ceceno. Con la rivoluzione arancione in Ucraina alla fine del 2004, quando il primo ministro Viktor Yanukovich, sostenuto da Mosca, perse la corsa per la presidenza contro il filo-occidentale Viktor Yushcenko voluto dagli ucraini? La verità è che non vi fu un momento in cui Putin imboccò la strada sbagliata. Ragionava e ragiona da agente del KGB, intendeva e intende rimanere in carica e riportare nella sfera di influenza russa i paesi che ritiene di sua proprietà, incurante delle sofferenze del suo stesso popolo. Fermarlo oggi, affrontandolo sul suo stesso terreno, è dovere dell’Occidente che ha commesso l’errore di fidarsi delle parole. La Russia è ciò che fa non ciò che dice. Sconfiggere Putin significherebbe assicurare all’Ucraina la libertà, dimostrare ai dittatori che i diritti umani non sono un optional, e infine dare speranza a quei russi, non la minoranza, di poter prendere in mano il loro futuro. Mikhail Khodorovsky, l’ex oligarca finito in Siberia, ha scritto un saggio in cui vede nel crollo di Putin l’inizio della democrazia in Russia.

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4 commenti su “Cosa fermerà l’ex ufficiale del KGB?…l’opinione di Rita Faletti”

  1. Tonino Spinello

    Non ho capito se nell’articolo la Faletti stesse parlando della Russia o dell’occidente con l’America capofila!
    Se l’occidente amava Yeltsin, è perchè lo aveva quasi in pugno. Questo significava una minaccia per la Russia intera. La fine della Grande Madre Patria! Putin ha difeso la Russia, il suo popolo e la sua etnia da tutte le insidie dell’occidente ma soprattutto non farsi schiacciare dal Capitalismo. Cioè l’alta Finanza che comanda tutti i governi dell’occidente! Putin è odiato soprattutto per questo, e questo vuol dire che fa gli interessi del suo paese. Poi può o non può starti simpatico. Se la Presidentessa Leyne va a Kiev seguita da tutto il Parlamento Europeo e parla di ricostruzione, cioè discutere di affari e per come spartirsi la torta, pensiamo ancora di sconfiggere Putin inviando armi?
    Alcuni leader, stanno incominciando a parlare di trattative, altri addirittura avanzano proposte tipo: Diamo a Putin il 20% del territorio ucraino, cioè tutto il Donbass.
    La verità è che qualcuno sta incominciando a rendersi conto che siamo alla fine di un’epoca, quella dell’unipolarismo.

  2. Tonino Spinello

    Dott.ssa Faletti,
    Qualche mese fa ho comprato due libri, ad un tratto ho pensato che non avevo mai letto Dostoveskij, lo conoscevo per vie traverse, come alcune citazioni, ma non lo avevo mai letto. Mi sono deciso e l’ho preso, precisamente “Memorie dal sottosuolo” che non ho ancora incominciato. Perchè le racconto questo: Perchè quando stavo per uscire dalla libreria ho pensato a Lei, mi sono chiesto se ho fatto quell’acquisto per dispetto alla Faletti.
    Ma ridendoci sopra, alla fine siamo d’accordo che la cultura come la letteratura non è politica?

  3. I componenti del Btg segreto che agisce su suolo russo ( BRATSTVO ), potrebbe essere la svolta nella guerra d’occupazione russa.
    Azioni di sabotaggio e contrasto a lungo raggio potrebbero essere la svolta.
    Di fatto il BTG ucraino ha pieno supporto dell’intelligence occidentali, e non è detto che non vi siano elementi dei vari reparti d’élite come supporto tecnico operativo.

  4. Tonino Spinello

    Terrorista,
    Fa bene a usare il condizionale, questo verbo ci accompagna da tempo e ne abbiamo fatto il principio per fare supposizioni. Con le supposizioni e con il condizionale abbiamo sconfitto l’ex ufficiale del KGB. Questo personaggio insignito con tanti aggettivi, ormai è alle strette e fra poco l’occidente occuperà la Russia e Putin sarà processato all’Aia per i tanti crimini di guerra. Il Presidente ucraino, unico nel suo genere, (senza nomignoli) innalzerà la sua bandiera (quella firmata dai manager europei) sul punto più alto del Cremlino.
    Sarebbe bello se potessi, non è vero?

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