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 “La dinamica morta dei salari”. Riceviamo

Tempo di lettura: 2 minuti
Forse non stupirà nessuno, ma forse a qualcuno si. Ma qui nel nostro territorio ha preso piede da tempo una consuetudine secondo cui i lavoratori percepiscono il salario sempre nella seconda metà del mese successivo rispetto a quello in pagamento. Il salario, contrattualmente, in base alla gran parte dei Contratti nazionali, dovrebbe essere pagato entro il 10 del mese successivo. Le aziende, bontà loro, si prendono almeno altri dieci giorni e pagano tra il 20 e il 22 del mese seguente.
È un comportamento non rispettoso, che mette ulteriormente in difficoltà il lavoratore, già spesso colpito da un salario basso, da una retribuzione dallo sviluppo bloccato, se paragonato al lavoro che lo stesso svolge e alla sua qualità. E che determina una condizione di penuria economica, peggiorata ulteriormente dalla impennata inflazionistica e del carovita, che sul lavoratore amplifica la propria marginalità sociale e di prospettive.
Sappiamo tutti che da trent’anni a questa parte i salari in Italia non sono cresciuti, mentre, in questo lasso di tempo, in altre Nazioni i salari si sono impennati anche del 30%.
 In Italia, invece, la dinamica salariale è  andata contraendosi, e, dal canto suo, il nostro territorio non fa eccezione, è in linea con questo indietreggiamento retributivo nazionale, quando non si attesta su condizioni ancora peggiori.
Che ci scontriano nel nostro territorio con salari contenuti, ritagliati sulla base di accorgimenti ben pensati, spesso sotto il minimo, penso oramai sia una questione di cui tutti abbiamo consapevolezza, in primo luogo i destinatari, ma anche chi li determina con scelte fiscali e con scelte interne alle aziende.
Non è un fatto sporadico venire a contatto con salari pagati in ritardo, allestiti alla meno peggio, in agricoltura, lungo la sua filiera, in quella agroalimentare e zootecnica, nell’artigianato. In queste realtà la dimensione del salario dignitoso è ancora, se ci è consentito dirlo così, un sogno nella testa di tantissimi lavoratori, ma non nella priorità dei governi e delle aziende.
Fare uno scandaglio serio di ciò che è l’universo del salario in provincia di Ragusa, valutandone bene evoluzione o involuzione, specificità e modello, costituirebbe già di per sé una immersione nella consapevolezza di una realtà che non riesce, nonostante i suoi tanti pregi, a fare progredire la dimensione emancipativa del lavoro e del salario ad esso riferito.
Come è  facile intuire, pagare in ritardo di almeno 10 giorni rispetto alla previsione contrattuale,  salari per giunta da decenni asiatici e rachitici, fermi al palo, prefigura uno scenario in cui il lavoro perde la sua connaturale essenza relazionale e sociale e diventa merce da far deperire, alla stregua di qualsiasi altro prodotto.
Questi sono i due punti essenziali, pagamento puntuale e ampliamento della dimensione economica del lavoro, da cui si deve partire per imprimere una tendenza evolutiva ed espansiva al nostro territorio. Pensiamo sia una scelta obbligata,  per  tentare di sbloccare una dinamica che comprime la società nella sua parte maggioritaria e a vantaggio solo di una piccola minoranza, che per giunta ha ricevuto e riceve la gran parte degli incentivi che lo Stato destina al mondo del lavoro. Anche qui le aziende la fanno da padrone, nel senso che a loro vanno fiumi di risorse pubbliche a fronte delle quali quelle assegnate ai lavoratori sono risibili.
Ci sembra che sotto questo aspetto il nostro territorio è sordo, non sembra essere interessato alla gravità di questa dimensione amputata del rapporto che il lavoro dignitoso accompagnato da retribuzioni dignitose dovrebbe avere con il contesto di una società progredita e degna di essere vissuta.
Salvatore Terranova
Segretario generale Flai Cgil Ragusa
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© Riproduzione riservata

2 commenti su “ “La dinamica morta dei salari”. Riceviamo”

  1. Tonino Spinello

    Se tutti i sindacati e sindacalisti in questo ultimo trentennio avreste fatto il vostro lavoro, solo il vostro lavoro e senza inciuciarvi con la politica oggi Lei con tutti i suoi colleghi non parlerebbe in questo modo verso una classe lavoro massacrata e spremura come un limone. Avete assecondato questa politica fatta di personaggi mediocri favorendo tassazioni, obblighi e costi del lavoro esorbidanti alle piccole imprese che specie dopo il lockdown non si sono ripresi dal torpore. Avete favorito anche regole e Dpcm alquanto farlocchi e senza senso pur di non fare andare le persone a prendersi un caffè in tutta serenità. Il vostro Pd (in particolare) si è dimostrato il partito delle tasse a cominciare da Prodi per finire allo zombie di Letta che parla ancora di mettere ulteriore tasse, le multinazionali fino a pochi mesi fa non pagavano nessuna tassa in Italia, da poco tempo per scrupolo di coscienza gli fate pagare il 13% di tasse quando invece una piccola impresa se ci metti tutti gli oneri comunali, regionali e nazionali si arriva a pagare il 73% di tasse. Alcune per non chiamarle tasse vengono chiamate canoni ma sempre tasse sono.
    Il sig. Terranova si dimentica che spesso nelle piccole realtà aziendali, si instaura un rapporto familiare più che lavorativo, e un datore di lavoro darebbe qualche centinaio di euro in più al dipendente-collaboratore con molto piacere se non dovesse pagare l’80% di contributi oltre lo stipendio. La piccola impresa oggi in particolar modo è presa di mira per favorire le multinazionali e la tecnologia non curandosi che le piccole imprese sono state il sostentamento economico del paese, fino adesso per quanto possono, tengono alto anche il contesto sociale alquanto precario dopo tutte le stronzate che ci hanno obbligati a rispettare.
    Quindi prima di parlare di qualche giorno di ritardo nel pagare lo stipendio, perchè non parlate dei mesi che la vostra PA lascia senza stipendi i suoi lavoratori? Tra l’altro ormai diventata anche prassi non pagare i lavoratori e le aziende che lavorano per la Pubblica Amministrazione.
    Non avete alcun titolo parlare di “dinamica salariale” quando lo Stato con le sue istituzioni (sindacati compresi) sono i primi a non dare l’esempio.

  2. Salvatore Terranova

    Ho l’impressione che lei non sa neanche di cosa parli. Facciamo tutto un faccio. Tanto ormai è modalità di dialogare. Pazienza

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