
E’ stato l’atto coraggioso dei vigili del fuoco ad evitare giovedì pomeriggio la tragedia a Modica, quando una donna di 43 anni, sciclitana, era già in procinto di lanciarsi nel vuoto dal Viadotto Guerrieri. Nonostante l’opera di convincimento attuata dalla polizia, l’interessata non voleva assolutamente desistere dal compiere l’insano gesto. Un vigile del fuoco è stato, allora, imbracato ed ha percorso il parapetto esterno del ponte (ricordiamo che è uno dei più alti d’Europa). Nel frattempo i suoi colleghi hanno iniziato a tagliare la rete collocata lungo tutta l’infrastruttura. Il pompiere è riusciuto a raggiungere la donna, bloccandola, mentre gli altri, rimossa la rete sono riusciti a riportarla sulla strada per poi affidarla al 118. La poveretta è stata ricoverata in ospedale.
8 commenti su “Modica. I coraggiosi vigili del fuoco hanno evitato la tragedia”
Poliziotti, polizia locale, vigili del fuoco, carabinieri, forze dell’ordine, sanitari. Sempre in prima linea, sempre per noi. Il minimo che possiamo fare é ringraziarli.
Perchè appellarla con “poveretta”? E’ irrispettoso. Non si sa la storia di questa persona, cosa ha vissuto, cosa ha dovuto affrontare; la decisione di un suicidio non è cosa da poco… utilizzare “poveretta” è a dir poco scortese
Assolutamente d’accordo con Lei.
Allorché il corpo umano perde il contatto col suolo ( il vuoto ), scatta un meccanismo di sopravvivenza naturale…di pentimento.
È una delle peggiori forme per andarsene in un altro stato…
Invito i PRRSTIGIOSI VV.FF a far fare, in sicurezza, un salto dalle loro torri a tutti coloro che vogliono provare un salto nel vuoto.
Signor paracadutista, veramente non si comprende il significato e la spiegazione che lei ha scritto. Potrebbe chiarire? Si stava parlando nell’articolo di un tentativo di suicidio e della capacità dei Vigili del Fuoco (come sempre) di evitare il peggio. Grazie Vigili del fuoco, siamo grati al vostro ruolo nella società.
Riferito alle parole del Sig. Nobbasta.
È vero, noi non sappiamo e non potremo mai immaginare l’inferno che quella donna si porta dietro, lei e tutti quelli che decidono di porre fine alla loro vita. Per questo l’unica cosa che possiamo fare per lei è provare una sincera compassione, la cosiddetta “pietas” degli antichi romani. Dire”poveretta” non è scortesia: se detto dal profondo del cuore è partecipazione, solidarietà, pena. In questa situazione nessuno si sognerebbe mai di essere scortese. Detto questo, penso che adesso la cosa più rispettosa che possiamo fare, io per prima, è osservare un opportuno silenzio, perche scortese sarebbe continuare a disquisire in questa sede su una tragedia del genere.
A me sembra invece che, pur magari non intenzionalmente, si voglia svestire la donna della sua dignità: la contrapposizione di lei, poveretta, salvata dagli eroi, come per esaltare ancor di più il “bene” dal “male”. D’altra parte anche Lei (@Rossella Sudano) si orienta verso questa direzione indicando un sentimento di “compassione” verso la donna contrapposto all’esplicitata onorificenza dei “buoni”. Sia chiaro che nulla voglio togliere al lavoro di quanti si sono prodigati per impedire alla signora di compiere la sua ultima azione; sono solo sfumature, insite nella forma mentis, di come è raccontato il fatto in sé.
Nessuno di voi si è trovato appeso una rete a più di 100 mt dal suolo senza misure di sicurezza ( paracadute o imbracatura vincolata )..
Perché la donna, pur avendo la possibilità non si è buttata?
Ignoranti trovate una risposta!
Viceversa, empaticamente mettetevi nei panni della signora in quei particolari momenti di sconforto.
Se non vi riuscite provate di comprendere cosa spinge un essere umano ad estrema azione.
Pertanto, ancora una volta, calzate e le sue scarpe e ripercorrete per almeno 7 lune ( proverbio indiano ) i suoi percorsi fino alla recinzione del ponte.
A dopo . .