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“In nome di quale legge?” di Michele Giardina

Toghe amiche. Coordinate da Luca Palamara. Per facilitare carriere. Indirizzare processi. Distruggere gli avversari politici. In nome della legge! Con giochi e artifizi posti in essere da menti raffinatissime. Tutte allineate col pensiero politico dominante.

Eclatante il caso giudiziario della “eroina” di importazione, la signorina tedesca Carola Rackete. Un capolavoro che ci ricorda i due personaggi “il gatto e la volpe”, del libro di Carlo Collodi “Le avventure di Pinocchio – storia di un burattino”.

A fine gennaio 2019, la Sea Watch, unità navale di una Ong tedesca, rimasta per giorni alla fonda al largo di Siracusa, riceve la visita a bordo di Riccardo Magi (+Europa), Nicola Fratoianni(Sinistra Italiana) e, udite, udite, Stefania Prestigiacomo (Forza Italia), che, come da lei dichiarato, avrebbe partecipato alla “visita solidale” solo a titolo personale. Il giorno dopo ai tre danno il cambio Maurizio Martina e Matteo Orfini (Pd). A bordo anche Graziano Del Rio e Davide Faraone anch’essi del Pd. Della delegazione salita a bordo il primo giorno fanno parte due avvocati, un medico, un membro dello staff di Mediterranea, i cui dirigenti continuano a sostenere che la loro Associazione sia cosa diversa dalle Ong, e la portavoce di Sea Watch Italia.

La notte del 29 giugno, Carola Rackete, la comandante della Sea Watch con 40 migranti rimasti a bordo, dopo 17 giorni di teatrale attesa nelle acque territoriali italiane, entra di forza a Lampedusa rischiando di affondare una motovedetta della Guardia di Finanza. Arrestata con l’accusa di avere speronato l’unità navale italiana, la comandante viene, successivamente, liberata.
I fatti: i pm della procura di Agrigento, diretta da Luigi Patronaggio, arrestano Carola Rackete. Ma, dopo quattro giorni di arresti domiciliari, la gip, Alessandra Vella, decide di rimetterla in libertà. Tutto come da copione già scritto: il gatto e la volpe.

La gip con il suo provvedimento, manco a dirsi, va oltre la richiesta dei pm: non convalida l’arresto della comandante, esclude il reato di resistenza e violenza a nave da guerra e ritiene che il reato di resistenza a pubblico ufficiale sia stato giustificato da una “scriminante” legata all’avere agito “all’adempimento di un dovere”, quello di salvare vite umane in mare!” Viene, dunque, meno la misura degli arresti domiciliari decisa dalla procura che aveva chiesto la convalida della misura restrittiva e il divieto di dimora in provincia di Agrigento. La gip sottolinea anche che la scelta del porto di Lampedusa non sia stata strumentale, ma obbligatoria perché i porti della Libia e della Tunisia sono stati ritenuti poco sicuri.

A seguito della scarcerazione di Carola Rackete,Luigi Di Maio, allora vice premier del M5S,sostegno della posizione assunta in tutta la vicenda dal governo e dall’altro vice premier della Lega, nonché ministro dell’Interno, Matteo Salvini, rilascia questa dichiarazione:” Sorprende la scarcerazione di Carola. Io ribadisco la mia vicinanza alla Guardia di Finanza in questo caso. Ad ogni modo il tema è la confisca immediata dell’imbarcazione. Se confischiamo subito, la prossima volta non possono tornare in mare e provocare il nostro Paese e le nostre leggi”.

Altra storia il dopo. Altro governo. Altre contraddizioni. Altre strumentali prese di posizioni. Altri atteggiamenti utilitaristici. Altre nuove illuminanti visioni del Paese, dell’Europa e del mondo. Insomma … la politica di casa nostra. E mentre da Vipiteno a Portopalo di Capo Passero è lotta continua per uscire definitivamente dal tunnel del Coronavirus, il temporale sulle toghe sporche scoppiato a giugno del 2019 si è trasformato proprio in questi giorni in un terribile tsunami. Denominato “Palamara & Compagni di Merenda”. Attraverso la lettura di migliaia di messaggi e chat, sta venendo fuori una serie di allucinanti racconti di tradimenti, complotti e disegni criminali, consumati con metodo mafioso da magistrati che hanno trasformato la Giustizia in cosa loro. Giustizia vilipesa e mascariata, dunque, in nome della legge!

Inquietante il silenzio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Inquietante assai. Perché, nonostante tutto, il popolo italiano vuole continuare a credere che la Giustizia possa ancora essere uguale per tutti. Al macero le mele marce! Questa la parola d’ordine. Iniziamo da qui.

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2 commenti su ““In nome di quale legge?” di Michele Giardina”

  1. Civile Ribellarsi

    Questa è l’Italia dei corrotti , dei mafiosi e dei massoni . . .
    Il popolo soffre e stringe i denti per arrivare a meta mese . .
    Spostano i Tribunali , fanno in modo di arrivare alla prescrizione , processi civili lunghi decenni . . mentre i magistrati si godono 2 mesi di ferie , gli italiani annaspano per aver adito alla Legge nei contenziosi .
    I magistrati “fuorilegge” ed al di sopra della Legge . .

  2. Civile Ribbellarsi

    Magistrati sotto organico nei Tribunali , personale ridotto negli uffici , strutture fatiscenti ed obsolete .
    Troppi GOT “fuorilegge”( rinnovi arbitrari ) , magistrati incompatibili territorialmente …

    Modifiche agli articoli 18 e 19 del regio decreto
    30 gennaio 1941, n. 121. Gli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al
    regio decreto n. 12 del 1941, e successive modificazioni, sono
    sostituiti dai seguenti:
    “Art. 18 (Incompatibilita’ di sede per rapporti di parentela o
    affinita’ con esercenti la professione forense). – I magistrati
    giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali non
    possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i
    loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il
    coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato.
    La ricorrenza in concreto dell’incompatibilita’ di sede e’
    verificata sulla base dei seguenti criteri:
    a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui
    al primo comma avanti all’ufficio di appartenenza del magistrato,
    tenuto, altresi’, conto dello svolgimento continuativo di una
    porzione minore della professione forense e di eventuali forme di
    esercizio non individuale dell’attivita’ da parte dei medesimi
    soggetti;
    b) dimensione del predetto ufficio, con particolare riferimento
    alla organizzazione tabellare;
    c) materia trattata sia dal magistrato che dal professionista,
    avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del
    diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza, ed
    ancora, all’interno dei predetti e specie del settore del diritto
    civile, dei settori di ulteriore specializzazione come risulta, per
    il magistrato, dalla organizzazione tabellare;
    d) funzione specialistica dell’ufficio giudiziario.
    Ricorre sempre una situazione di incompatibilita’ con riguardo ai
    Tribunali ordinari organizzati in un’unica sezione o alle Procure
    della Repubblica istituite presso Tribunali strutturati con un’unica
    sezione, salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione
    distaccata ed il parente o l’affine non svolga presso tale sezione
    alcuna attivita’ o viceversa.
    I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti e
    requirenti sono sempre in situazione di incompatibilita’ di sede ove
    un parente o affine eserciti la professione forense presso l’Ufficio
    dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali
    ordinari organizzati con una pluralita’ di sezioni per ciascun
    settore di attivita’ civile e penale.
    Il rapporto di parentela o affinita’ con un praticante avvocato
    ammesso all’esercizio della professione forense, e’ valutato ai fini
    dell’articolo 2, comma 2, del regio decreto legislativo 31 maggio
    1946, n. 511, e successive modificazioni, tenuto conto dei criteri di
    cui al secondo comma.
    Art. 19 (Incompatibilita’ di sede per rapporti di parentela o
    affinita’ con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria
    della stessa sede). – I magistrati che hanno tra loro vincoli di
    parentela o di affinita’ sino al secondo grado, di coniugio o di
    convivenza, non possono far parte della stessa Corte o dello stesso
    Tribunale o dello stesso ufficio giudiziario.
    La ricorrenza in concreto dell’incompatibilita’ di sede e’
    verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo
    comma, per quanto compatibili.
    I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita’
    sino al terzo grado, di coniugio o di convivenza, non possono mai
    fare parte dello stesso Tribunale o della stessa Corte organizzati in
    un’unica sezione ovvero di un Tribunale o di una Corte organizzati in
    un’unica sezione e delle rispettive Procure della Repubblica, salvo
    che uno dei due magistrati operi esclusivamente in sezione distaccata
    e l’altro in sede centrale.
    I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita’
    fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio o di convivenza, non
    possono mai far parte dello stesso collegio giudicante nelle corti e
    nei tribunali.
    I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o
    requirenti della stessa sede sono sempre in situazione di
    incompatibilita’, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali o
    le Corti organizzati con una pluralita’ di sezioni per ciascun
    settore di attivita’ civile e penale. Sussiste, altresi’, situazione
    di incompatibilita’, da valutare sulla base dei criteri di cui
    all’articolo 18, secondo comma, in quanto compatibili, se il
    magistrato dirigente dell’ufficio e’ in rapporto di parentela o
    affinita’ entro il terzo grado, o di coniugio o convivenza, con
    magistrato addetto al medesimo ufficio, tra il presidente del
    Tribunale del capoluogo di distretto ed i giudici addetti al locale
    Tribunale per i minorenni, tra il Presidente della Corte di appello o
    il Procuratore generale presso la Corte medesima ed un magistrato
    addetto, rispettivamente, ad un Tribunale o ad una Procura della
    Repubblica del distretto, ivi compresa la Procura presso il Tribunale
    per i minorenni.
    I magistrati non possono appartenere ad uno stesso ufficio
    giudiziario ove i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in
    primo grado, svolgono attivita’ di ufficiale o agente di polizia
    giudiziaria. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilita’ e’
    verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo
    comma, per quanto compatibili.”.

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