
Toghe amiche. Coordinate da Luca Palamara. Per facilitare carriere. Indirizzare processi. Distruggere gli avversari politici. In nome della legge! Con giochi e artifizi posti in essere da menti raffinatissime. Tutte allineate col pensiero politico dominante.
Eclatante il caso giudiziario della “eroina” di importazione, la signorina tedesca Carola Rackete. Un capolavoro che ci ricorda i due personaggi “il gatto e la volpe”, del libro di Carlo Collodi “Le avventure di Pinocchio – storia di un burattino”.
A fine gennaio 2019, la Sea Watch, unità navale di una Ong tedesca, rimasta per giorni alla fonda al largo di Siracusa, riceve la visita a bordo di Riccardo Magi (+Europa), Nicola Fratoianni(Sinistra Italiana) e, udite, udite, Stefania Prestigiacomo (Forza Italia), che, come da lei dichiarato, avrebbe partecipato alla “visita solidale” solo a titolo personale. Il giorno dopo ai tre danno il cambio Maurizio Martina e Matteo Orfini (Pd). A bordo anche Graziano Del Rio e Davide Faraone anch’essi del Pd. Della delegazione salita a bordo il primo giorno fanno parte due avvocati, un medico, un membro dello staff di Mediterranea, i cui dirigenti continuano a sostenere che la loro Associazione sia cosa diversa dalle Ong, e la portavoce di Sea Watch Italia.
La notte del 29 giugno, Carola Rackete, la comandante della Sea Watch con 40 migranti rimasti a bordo, dopo 17 giorni di teatrale attesa nelle acque territoriali italiane, entra di forza a Lampedusa rischiando di affondare una motovedetta della Guardia di Finanza. Arrestata con l’accusa di avere speronato l’unità navale italiana, la comandante viene, successivamente, liberata.
I fatti: i pm della procura di Agrigento, diretta da Luigi Patronaggio, arrestano Carola Rackete. Ma, dopo quattro giorni di arresti domiciliari, la gip, Alessandra Vella, decide di rimetterla in libertà. Tutto come da copione già scritto: il gatto e la volpe.
La gip con il suo provvedimento, manco a dirsi, va oltre la richiesta dei pm: non convalida l’arresto della comandante, esclude il reato di resistenza e violenza a nave da guerra e ritiene che il reato di resistenza a pubblico ufficiale sia stato giustificato da una “scriminante” legata all’avere agito “all’adempimento di un dovere”, quello di “salvare vite umane in mare!” Viene, dunque, meno la misura degli arresti domiciliari decisa dalla procura che aveva chiesto la convalida della misura restrittiva e il divieto di dimora in provincia di Agrigento. La gip sottolinea anche che la scelta del porto di Lampedusa non sia stata strumentale, ma “obbligatoria perché i porti della Libia e della Tunisia sono stati ritenuti poco sicuri”.
A seguito della scarcerazione di Carola Rackete,Luigi Di Maio, allora vice premier del M5S, a sostegno della posizione assunta in tutta la vicenda dal governo e dall’altro vice premier della Lega, nonché ministro dell’Interno, Matteo Salvini, rilascia questa dichiarazione:” Sorprende la scarcerazione di Carola. Io ribadisco la mia vicinanza alla Guardia di Finanza in questo caso. Ad ogni modo il tema è la confisca immediata dell’imbarcazione. Se confischiamo subito, la prossima volta non possono tornare in mare e provocare il nostro Paese e le nostre leggi”.
Altra storia il dopo. Altro governo. Altre contraddizioni. Altre strumentali prese di posizioni. Altri atteggiamenti utilitaristici. Altre nuove illuminanti visioni del Paese, dell’Europa e del mondo. Insomma … la politica di casa nostra. E mentre da Vipiteno a Portopalo di Capo Passero è lotta continua per uscire definitivamente dal tunnel del Coronavirus, il temporale sulle toghe sporche scoppiato a giugno del 2019 si è trasformato proprio in questi giorni in un terribile tsunami. Denominato “Palamara & Compagni di Merenda”. Attraverso la lettura di migliaia di messaggi e chat, sta venendo fuori una serie di allucinanti racconti di tradimenti, complotti e disegni criminali, consumati con metodo mafioso da magistrati che hanno trasformato la Giustizia in cosa loro. Giustizia vilipesa e mascariata, dunque, in nome della legge!
Inquietante il silenzio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Inquietante assai. Perché, nonostante tutto, il popolo italiano vuole continuare a credere che la Giustizia possa ancora essere uguale per tutti. Al macero le mele marce! Questa la parola d’ordine. Iniziamo da qui.
2 commenti su ““In nome di quale legge?” di Michele Giardina”
Questa è l’Italia dei corrotti , dei mafiosi e dei massoni . . .
Il popolo soffre e stringe i denti per arrivare a meta mese . .
Spostano i Tribunali , fanno in modo di arrivare alla prescrizione , processi civili lunghi decenni . . mentre i magistrati si godono 2 mesi di ferie , gli italiani annaspano per aver adito alla Legge nei contenziosi .
I magistrati “fuorilegge” ed al di sopra della Legge . .
Magistrati sotto organico nei Tribunali , personale ridotto negli uffici , strutture fatiscenti ed obsolete .
Troppi GOT “fuorilegge”( rinnovi arbitrari ) , magistrati incompatibili territorialmente …
Modifiche agli articoli 18 e 19 del regio decreto
30 gennaio 1941, n. 121. Gli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al
regio decreto n. 12 del 1941, e successive modificazioni, sono
sostituiti dai seguenti:
“Art. 18 (Incompatibilita’ di sede per rapporti di parentela o
affinita’ con esercenti la professione forense). – I magistrati
giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali non
possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i
loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il
coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato.
La ricorrenza in concreto dell’incompatibilita’ di sede e’
verificata sulla base dei seguenti criteri:
a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui
al primo comma avanti all’ufficio di appartenenza del magistrato,
tenuto, altresi’, conto dello svolgimento continuativo di una
porzione minore della professione forense e di eventuali forme di
esercizio non individuale dell’attivita’ da parte dei medesimi
soggetti;
b) dimensione del predetto ufficio, con particolare riferimento
alla organizzazione tabellare;
c) materia trattata sia dal magistrato che dal professionista,
avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del
diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza, ed
ancora, all’interno dei predetti e specie del settore del diritto
civile, dei settori di ulteriore specializzazione come risulta, per
il magistrato, dalla organizzazione tabellare;
d) funzione specialistica dell’ufficio giudiziario.
Ricorre sempre una situazione di incompatibilita’ con riguardo ai
Tribunali ordinari organizzati in un’unica sezione o alle Procure
della Repubblica istituite presso Tribunali strutturati con un’unica
sezione, salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione
distaccata ed il parente o l’affine non svolga presso tale sezione
alcuna attivita’ o viceversa.
I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti e
requirenti sono sempre in situazione di incompatibilita’ di sede ove
un parente o affine eserciti la professione forense presso l’Ufficio
dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali
ordinari organizzati con una pluralita’ di sezioni per ciascun
settore di attivita’ civile e penale.
Il rapporto di parentela o affinita’ con un praticante avvocato
ammesso all’esercizio della professione forense, e’ valutato ai fini
dell’articolo 2, comma 2, del regio decreto legislativo 31 maggio
1946, n. 511, e successive modificazioni, tenuto conto dei criteri di
cui al secondo comma.
Art. 19 (Incompatibilita’ di sede per rapporti di parentela o
affinita’ con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria
della stessa sede). – I magistrati che hanno tra loro vincoli di
parentela o di affinita’ sino al secondo grado, di coniugio o di
convivenza, non possono far parte della stessa Corte o dello stesso
Tribunale o dello stesso ufficio giudiziario.
La ricorrenza in concreto dell’incompatibilita’ di sede e’
verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo
comma, per quanto compatibili.
I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita’
sino al terzo grado, di coniugio o di convivenza, non possono mai
fare parte dello stesso Tribunale o della stessa Corte organizzati in
un’unica sezione ovvero di un Tribunale o di una Corte organizzati in
un’unica sezione e delle rispettive Procure della Repubblica, salvo
che uno dei due magistrati operi esclusivamente in sezione distaccata
e l’altro in sede centrale.
I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita’
fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio o di convivenza, non
possono mai far parte dello stesso collegio giudicante nelle corti e
nei tribunali.
I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o
requirenti della stessa sede sono sempre in situazione di
incompatibilita’, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali o
le Corti organizzati con una pluralita’ di sezioni per ciascun
settore di attivita’ civile e penale. Sussiste, altresi’, situazione
di incompatibilita’, da valutare sulla base dei criteri di cui
all’articolo 18, secondo comma, in quanto compatibili, se il
magistrato dirigente dell’ufficio e’ in rapporto di parentela o
affinita’ entro il terzo grado, o di coniugio o convivenza, con
magistrato addetto al medesimo ufficio, tra il presidente del
Tribunale del capoluogo di distretto ed i giudici addetti al locale
Tribunale per i minorenni, tra il Presidente della Corte di appello o
il Procuratore generale presso la Corte medesima ed un magistrato
addetto, rispettivamente, ad un Tribunale o ad una Procura della
Repubblica del distretto, ivi compresa la Procura presso il Tribunale
per i minorenni.
I magistrati non possono appartenere ad uno stesso ufficio
giudiziario ove i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in
primo grado, svolgono attivita’ di ufficiale o agente di polizia
giudiziaria. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilita’ e’
verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo
comma, per quanto compatibili.”.