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Piero Vernuccio nel ricordo di Piergiorgio Barone

Piero Vernuccio lo conoscevo da 50 anni, dal 1970-71, quando nacque il giornale mensile “Comunità” che allora io dirigevo a Modica, fino alla fine degli anni Ottanta. Solo un anno più grande di me, ma già da allora giovane studioso, attento ed impegnato, si era laureato in Sociologia a Trento, dove qualche anno prima aveva partecipato anche a manifestazioni e lotte del Movimento Studentesco.
A Modica, nella collaborazione con “Comunità” era una punta di diamante, d’avanguardia. Sempre molto critico, pungente, quasi al limite della rottura nel dialogo. La sua intransigenza aveva un portato morale laico indiscutibile. Molte nostre discussioni finivano con un nulla di fatto. Poi, però, sapeva ricucire, sintetizzare, andare avanti. E anche sul nulla di fatto Piero era lungimirante perché lasciava spazio giornalistico a tesi che non lo convincevano del tutto, ma sicuro che altri potesse condividerle e accrescere coscienza, quindi consapevolezza.
Ricordo che la collaborazione con il giornale “Comunità” durò solo qualche anno perché frequentando gli ambienti di Ragusa, come lo facevo anch’io per altri motivi, lui conobbe il gruppo che da poco aveva fondato una testata “Dialogo”, nell’ambito della sinistra Iblea, ivi compresa la FUCI e le ACLI giovanili di cui facevo parte anch’io. “Dialogo” allora usciva come rivistina, non ricordo se bimestralmente o trimestralmente in formato piccolo, quasi libro, in non molte pagine, con la copertina di colore rosso-arancio. Quella rivistina non andò avanti molto. Lui rilevo la testata DIALOGO e ne fece a Modica quello che noi tutti sappiamo: un giornale mensile che è uscito senza mai interrompere le proprie edizioni per ben 45 anni. Giornale che è uscito anche in momenti di crisi economica fortissima. Oltre quattrocento numeri e oltre tremila pagine. Giornale “mattone” mi è piaciuto definirlo, perché i suoi ‘pezzi’ erano lunghi e la loro lettura faceva “il punto” sulla problematica affrontata. Non cronaca spicciola da leggere come i quotidiani o i giornali online di oggi, ma articoli-problemi, coraggiosamente proposti. Ogni uscita è stata un’aspettativa per i lettori. Un giornale che restava per tutto il mese, tra un numero e l’altro, sulla scrivania, sul comodino, nel portariviste. Pronto per ricominciare e continuare ad essere letto, appena si avevano dieci minuti liberi. Ogni numero di Dialogo una reliquia, ancora oggi – come a casa mia – conservato gelosamente e per intero, pronto per essere consultato come “documento storico”.
Piero Vernuccio ci rimetteva, spesso, del suo, non solo il tempo, ma anche economicamente.
Nelle collaborazioni sapeva trovare agganci con le migliori intelligenze, non solo a livello locale, della città di Modica, ma anche a livello provinciale. Moltissime firme hanno collaborato con  “Dialogo” si può dire da sempre, così come ho fatto io per 40 e più anni con quasi un centinaio di articoli “mattone”, sempre vibranti ed energetici come lui li voleva e noi sapevamo scriverli. Ricordo le dure discussioni che avevamo quando scrivevo articoli sul malfunzionamento del depuratore acque reflue di Modica, sul consorzio di bonifica per l’utilizzazione delle acque dell’invaso Santa Rosalia. Erano articoli tutti al limite della denuncia, della querela, magari per fatti e valutazioni scritte non accertabili. Ma lui mi incoraggiava e non aveva mai preoccupazione di pubblicare. Non mi censurò mai. “Se ti denunciano – diceva – sul banco degli imputati non sarai mai solo. Io ci sarò”.
Piero Vernuccio aveva coraggio e dava coraggio. Il coraggio che a Modica è solo pari a quello mostrato da Nannino Ragusa, uomo di cultura e grande testimone del migliore socialismo isolano negli anni Cinquanta e Sessanta. Non ha visto mai ostacoli, anche se li ha incontrati. Si è caricato di tutte le più pesanti “cause perse” per la “salute”‘ civica dei Modicani. Credo – senza offendere nessuno – che nessun’altra firma del giornalismo locale abbia avuto la chiarezza, la capacità documentativa e, soprattutto, quella di denuncia di fatti, avvenimenti, persone. Sono stati pochi quelli che hanno preso esempio da lui, ma molti altri giovani “dovranno” prendere esempio lui. È stato per tanto tempo come il battitore libero della coscienza morale e civica modicana. L'”Associazione Culturale”, da lui creata, ha affiancato da quaranta anni il mensile “Dialogo” con un’attività editoriale significativa e di alto valore, dando luogo – ma solo per segnalarne alcune – alle pubblicazioni fondamentali del Comandante Giovanni Modica Scala, del prof. Giuseppe Raniolo, del già citato Maestro Nannino Ragusa e, per due decenni, dal 1997 in poi, della rivista annuale “Archivium Historicum Mothicense” dell’Ente Liceo Convitto, diretta dal prof. Giorgio Colombo che ha raccolto documenti archivistici, storici, culturali riguardanti l’ambito locale, di studiosi di eccellenza provinciale e nazionale.
Per non parlare di due sue pubblicazioni. La prima, “Modica, una città in cerca di identità” del 1984, è una radiografia puntuale ed impietosa delle attività socio-economiche della nostra città dal dopoguerra agli anni Ottanta; la seconda, come “canto del cigno”, perché uscita poco prima del suo primo ingresso in ospedale, lo scorso mese di dicembre, “Scempi urbanistici nel salotto Modica”, che analizza il “sacco”, la devastazione del centro storico della città avvenuti sotto le sindacature da Terranova a Calabrese, con la scarsa coscienza della Curia Netina, e ad opera di un manipolo di palazzinari locali e provinciali, come lo stesso Savero Terranova ammetterà in un suo libro del 2008 “Contributo alla Storia di Modica”.
Caro Piero, questo è solo la punta di un iceberg di quel che amichevolmente ti devo. Cosi come te lo deve tutta la città di Modica che dovrà, per il futuro, tenere altissimo il tuo nome, il ricordo della tua persona e del tuo messaggio, perché simbolo di una morale laica mai becera e di una cittadinanza attiva, come pochi hanno saputo fare a cavallo tra Novecento e primi decenni del nuovo Millennio.
Al figliolo Nele, che da qualche tempo si cimenta sui social e sui media locali, con giovanilissima consapevolezza e senso critico, l’onere morale – magari coadiuvato inizialmente dai più stretti collaboratori di Piero come Carmelo Modica, Paolo Oddo, Maurilio Assenza, Pippo Gurrieri, Pietro Tripodi, Giuseppe Nativo, solo per citarne alcuni – di prendere il “testimone” – come tempo fa, privatamente e inconsapevole di quello che poteva accadere, gli auguravo – di raccogliere l’eredità del padre e continuare ad essere punto di riferimento nella visione critica dei problemi sociali e culturali di Modica e Provincia Iblea.

Piergiorgio Barone

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