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Viaggio intorno a Quasimodo a 50 anni dalla morte…di Domenico Pisana. 1901: nasceva a Modica Quasimodo. Il percorso esistenziale del Premio Nobel per la Letteratura e un Omaggio al poeta/ 18

Nel quadro delle iniziative della città di Modica per ricordare l’anniversario della nascita di Quasimodo, desidero tracciare un sintetico quadro biografico del Nobel per la Letteratura ed omaggiarlo con una mia lirica inedita a 50 anni dalla morte.

1901 – Salvatore Quasimodo nasce a Modica, in provincia di Ragusa, il 20 agosto, da Gaetano e Clotilde Ragusa. Trascorre i primi anni fra Roccalumera, Gela, Acquaviva, Trabia.
1908 – Gaetano Quasimodo, il padre, dipendente delle FF.SS., viene trasferito alla stazione di Messina, con tutta la famiglia, poco dopo il terremoto del 28 dicembre che distrusse Messina e Reggio Calabria. Vi giunse due giorni dopo il terremoto che aveva devastato l’intera città: le macerie delle case crollate, i mucchi di cadaveri, la disperazione dei superstiti furono uno spettacolo che rimase indelebile nel suo animo, come egli stesso ricorda nella poesia “Al Padre”. È questa la prima impressione di una Sicilia tormentata da un destino selvaggio di dolore ed è un’immagine che non dimenticherà più.
1919 – Si iscrive al Politecnico di Roma e si stabilisce in quella città. Nel 1921 è studente universitario in ingegneria: ma solo per alcuni anni perché, non avendo superato gli esami del biennio e dopo aver inutilmente tentato anche il corso di fisica, è costretto a rinunziare e a lavorare per vivere, lontano com’è dalla famiglia e senza aiuti finanziari. Lavora presso uno studio di un ingegnere, facendo il disegnatore tecnico, e trova anche un impiego presso la Rinascente. Gli anni romani sono senza poesia, ma sono anni di formazione culturale e umana: le nostalgie della terra natale e dell’infanzia, le insoddisfazioni di un lavoro senza vocazione, i primi contatti con le lingue classiche e con testi letterari e filosofici.
1926 – Dopo aver fatto vari lavori negli anni precedenti, viene assunto quale “geometra straordinario” dal Ministero dei Lavori Pubblici e assegnato al Genio Civile di Reggio Calabria. Prende servizio il 10 giugno. La nuova esperienza non gli risulta meno amara. A Reggio Calabria riprende l’attività poetica e riallaccia i contatti con i vecchi amici. Ne nascono gite, letture, discussioni; proprio in quei mesi e attraverso quei contatti matura e si affina il suo gusto ermetico e prende via via consistenza la raccolta Acque e terre.
1929 – Durante un soggiorno a Firenze, Elio Vittorini, che era suo cognato, lo presenta ad Eugenio Montale e ad Alessandro Bonsanti, il quale gli pubblica le prime poesie su Solaria.
1930 – Escono, sul numero di marzo della rivista Solaria, tre sue poesie e poco dopo, per l’edizione della medesima rivista, Acque e terre, la prima raccolta di poesie.
1931 – Trasferito al Genio Civile di Imperia, comincia a collaborare a “Circoli”, rivista degli amici liguri.
1932 – Pubblica Oboe sommerso. Gli viene assegnato il premio dell’Antico Fattore, a Firenze, per Odore di eucalyptus, e altre poesie.
1934 – Dopo una breve parentesi in Sardegna, ottiene il trasferimento al Genio Civile di Milano; ma è presto distaccato in Valtellina. Iniziano le amicizie milanesi, con scrittori, critici, pittori, scultori, musicisti, ecc.
1936 – Pubblica con la prefazione di Sergio Solmi, Erato e Apòllion.
1938 – Lascia, dopo 12 anni, il Genio Civile, e comincia a lavorare come segretario di Cesare Zavattini, in un’attività editoriale. Per le Edizioni Primi Piani esce il volume antologico Poesie con la prefazione di Oreste Macrì. Collabora a “Letteratura”.
1940 – Esce, per le edizioni di Corrente, la famosa traduzione dei Lirici greci con prefazione di Luciano Anceschi.
1941 – Ottiene “per chiara fama” la cattedra di Letteratura Italiana presso il Conservatorio di musica G. Verdi di Milano, dove insegnerà fino alla morte.
1942 – Pubblica nello Specchio di Mondadori Ed è subito sera.
1945 – Si iscrive al PCI. Collabora al quotidiano Milano-Sera. Escono le traduzioni: Il Vangelo secondo Giovanni; Catulli Veronensis carmina; Dall’Odissea.
1946 – Pubblica nei Quaderni di Costume, Con il piede straniero sopra il cuore, nucleo principale di Giorno dopo giorno che uscirà l’anno dopo.
1949 – Pubblica La vita non è sogno.
1950 – Gli viene assegnato il premio San Babila.
1953 – Riceve, col poeta inglese Dylan Thomas, il premio Etna-Taormina.
1956 – Pubblica presso Mondadori Il falso e vero verde.
1958 – Esce La terra impareggiabile, libro per il quale gli viene assegnato il premio Viareggio. Compie un viaggio in URSS, nel corso del quale il poeta viene colpito da infarto: la degenza all’ospedale Botkin di Mosca, si protrarrà fino alla primavera del 1959.
1959 – Gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura: lo riceverà dalle mani del re di Svezia il 10 dicembre.
1960 – Esce la raccolta degli scritti critici Il poeta e il politico e altri saggi. L’Università di Messina gli conferisce la laurea Honoris Causa.
1966 – Esce Dare e avere, ultima raccolta poetica.
1967 – L’Università di Oxford gli conferisce la laurea Honoris causa.
1968 – Muore a Napoli, dove esservi stato trasportato con mezzi di fortuna da Amalfi, nel pomeriggio del 14 giugno.

Concludo questo breve quadro biografico di Quasimodo, a 117 anni dalla nascita e a 50 anni dalla morte, con un Omaggio al Nobel , dedicandogli questa mia lirica inedita

OMAGGIO A QUASIMODO
a 117 anni dalla nascita e a 50 anni dalla morte

Ora che il tempo ha reso gloria ai tuoi versi
accartocciati nelle tasche di fanciullo
quando nella quiete della sera ascoltavi
il brusio di rotaie tra vicoli di case, e il cuore
dirigeva i tuoi occhi sulla soglia dei sogni,
io sono qui a rivivere sulla mia carne
il dono di Calliope che mi chiama nell’ombra.

Non fuggo, come te, nella notte, ma uguale
sentimento nutro affacciato dal mio colle al vedere
le gazze aprire tra le cimase dei tetti
gusci di noci, al respiro del vento che smuove
gli oleandri, al leggero miagolio dei gatti al tramonto.
Sale la luna sulla città che ci diede i natali, in me
si desta l’orgoglio e si fa strada la speranza
di nuove stagioni per l’ “uomo del mio tempo”.

Or sono io a custodire nel petto il lamento
di una terra che “trascina ancora morti”,
a rimarginare antiche irriducibili ferite
mentre una nenia accompagna
il lento naufragio di migranti che chiedono riscatto;
il mio pensiero ammansisce tra il respiro
delle foglie, e sul monte del pianto
un grumo d’illusioni fa germogliare.

Silenzioso, oggi, ti rivedo nei miei viaggi
tra gli sguardi dell’immenso. Ed è lotta col cuore
che tumultua se pure vi giacciono fondali
di sorgente , se pure conosce, fiore avvizzito,
il tuo viso di grazia e di dolore:
non lascerò saccheggiarti dai nemici
né ti consegnerò ai mercanti di turno,
ti ricorderò come una madre il proprio figlio.
E al sibilo del vento che stamani risuona
nell’aria, la gazza ritorna a parlarmi
sull’umbratile colle delle “pietre lanciate
dalle compagnie di ventura”, e la tua anima
giace silente nella parola che si fonde con l’eterno.

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