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Rifiuti e termovalorizzatori…di Michele Giardina

Fuori i nomi dei maghi dell’ambiente pulito e delle città vivibili che sono contro i termovalorizzatori. Si pronuncino i partiti, i movimenti, le associazioni. Quelli che non vogliono sentir parlare di impianti ad alta tecnologia ad emissione zero ci dicano perché. Ci convincano che è meglio continuare con lo spettacolo indecente delle città trasformate in discariche a cielo aperto, nella pazzesca attesa che fra una ventina d’anni si compia in Sicilia il miracolo della “differenziata virtuosa”, piuttosto che realizzare con la massima urgenza impianti modernissimi che possono risolvere radicalmente il problema spazzatura. Come hanno fatto gli amministratori delle più civili città d’Italia e del mondo. I termovalorizzatori sono forse di destra, di centro o di sinistra? Qualcuno ce lo spieghi. Almeno sappiamo con chi prendercela.
“La spazzatura abbandonata nelle strade – scrivo nel mio “Mare Rotto” (2016), pagine 118-119 (per il quale ho avuto l’onore di ricevere a Catania il “Premio Internazionale Rosario Livatino”), per politici corrotti e mafiosi non rappresenta un problema, ma un business colossale. Impianti non inquinanti? Non sia mai! L’impianto ad emissione zero non è un termovalorizzatore, ma un impianto di smaltimento rifiuti totalmente ecologico, in quanto non “brucia” i rifiuti, ma li scompone a livello molecolare per mezzo della pirolisi, processo che esiste anche in natura.
L’inceneritore può smaltire ogni tipo di rifiuti, eccetto quelli radioattivi. L’organico, compresi petrolio e derivati del petrolio, può benissimo fare parte del processo di trasformazione. Quando i rifiuti arrivano all’impianto, tutto ciò che è riciclabile, come carta, plastica, vetro, lattine, viene riciclato. Il resto viene sminuzzato e ridotto a cubetti della grandezza di un centimetro.
Questi vengono congelati e ridotti in polvere, un po’ come i toner delle stampanti. La polvere così ottenuta diventa carburante per il forno della pirolisi: si porta il valore della fiamma a 2.000 gradi e i rifiuti vengono scomposti molecolamente. Dalla pirolisi, cioè, vengono prodotti idrogeno e anidride carbonica. I resti della scomposizione vengono immersi in acqua refrigerata e si cristallizzano. L’idrogeno può essere usato puro, o in una miscela con metano, per produrre energia; come scarti produce solo acqua utilizzabile per il riscaldamento. La C02, opportunamente depurata, viene incamerata in bombole e venduta per usi industriali. I rifiuti cristallizzati hanno ottenuto certificazione da parte dell’Enea per essere utilizzati come inerti per cantieri.
L’impianto pilota è perfettamente funzionante come certificato dal Tuv, dall’Enea e dal Politecnico di Milano e dimostrato da video e report dei test. L’impianto sarebbe realizzato per l’80% sotto terra, smaltirebbe 130 mila tonnellate di rifiuti l’anno senza immettere nulla nell’aria e produrrebbe lo stesso teleriscaldamento dell’inceneritore, più 50 mw/h di energia elettrica.
Il tempo di ritorno dell’investimento, di circa 250 milioni di euro, sarebbe di 4 anni. Il problema più grande non è quello di trovare i soldi, ma quello delle amministrazioni che sono restie.
E ti pareva? I farabutti che riescono a farsi eleggere o ad infiltrarsi nelle pubbliche amministrazioni sanno bene che l’uso degli impianti ad emissione zero metterebbe fine alla milionaria mangiugghia ra spazzatura

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