
L’articolo, formato da tre commi, recita quanto segue: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.
Tra i principali doveri di solidarietà politica, si annovera il dovere di difesa della patria, definito, dal primo comma, come “sacro”; non certamente in senso religioso, bensì laico. I Padri Costituenti preferirono utilizzare questo termine, oggi anacronistico, per sottolineare l’importanza “divina” della Patria. Questo può essere adempiuto nei modi più vari e può comportare tutte le limitazioni ai diritti di libertà che l’obiettivo cui è preordinato, cioè la difesa del territorio nazionale da minacce esterne, richiede.
Il primo capoverso dell’articolo in esame disciplina una delle modalità di adempimento del dovere di difesa, quella armata. Una volta stabilito il principio di obbligatorietà del servizio militare, lo “Statuto” ha previsto una riserva di legge in ordine alla disciplina dei limiti entro i quali tale obbligatorietà va intesa e dei modi con cui tale obbligo va adempiuto. Al cittadino militare vanno comunque garantiti il mantenimento della posizione di lavoro conseguita al momento della chiamata alle armi, così come il pieno esercizio dei diritti politici. Negli anni 70 del secolo scorso vennero approvate delle leggi in tema di servizio militare. La prima si occupava della “obiezione di coscienza”, vale a dire il diritto di un individuo di rifiutare di adempiere a un dovere imposto dall’ordinamento giuridico, quando questo sia in conflitto con le proprie convinzioni etiche, morali o religiose. L’obiettore non poteva più essere punito penalmente ed il servizio militare armato veniva sostituito con altre prestazioni di portata equivalente, riconducibili anch’esse all’idea di difesa della Patria. La seconda legge ha puntualizzato quali sono le possibili limitazioni che può subire il cittadino-soldato nell’esercizio dei suoi diritti di libertà, garantendo allo stesso la possibilità di far sentire la propria voce sulle modalità di svolgimento del servizio e garantendo il contraddittorio nel corso dei procedimenti disciplinari. Si è arrivati nel 2000, con la emanazione della legge n. 331, che ha statuito la sospensione dell’obbligatorietà del servizio militare, rappresentando l’avvio della trasformazione progressiva delle Forze Armate in corpi esclusivamente composti da professionisti e non più da personale di leva. L’obbligatorietà del servizio militare rimane confinata solo ed esclusivamente a due ipotesi: qualora sia stato deliberato lo stato di guerra ed in ipotesi di grave crisi internazionale che giustifichi un aumento della consistenza numerica delle Forze Armate.
Il terzo comma, dell’art. 52 Cost., infine, può apparire contraddittorio, ma i Padri Costituenti, intendevano dire che l’organizzazione militare deve prima di tutto tener conto dei diritti fondamentali del cittadino. Tali diritti non possono mai essere lesi, nonostante l’organizzazione gerarchica e piramidale che contraddistingue le Forze Armate, queste non possono sconfinare in comportamenti coercitivi pregiudizievoli, fondando la loro organizzazione sui principi democratici della Repubblica.