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Fare la guerra…di Ruben Ricca

Tempo di lettura: 2 minuti

Nell’aprile 1991, nella Rivista dei libri, apparve un articolo di Umberto Eco, Pensare la guerra, durante i giorni della guerra del Golfo. Oggi, aprile 2024, è inevitabile pensare di nuovo alla guerra di fronte all’instabilità del nostro povero presente. Assistiamo al dibattito tra intellettuali professionisti ma evitiamo da noi stessi l’esercizio della funzione intellettuale, che consiste nel determinare criticamente un avvicinamento al proprio concetto di verità. Gli intellettuali siamo, si sa, una cosa rara, no? Invece la funzione intellettuale espone le ambiguità e le rende evidenti.

Mi chiedo se la gente sente l’orrore della guerra? Immagina le mutilazioni? I volti sfigurati? Le vite perdute? I campi e gli edifici bruciati? O rimane solo in ambiguità? Il fatto che la guerra non possa essere fermata dimostra anche che il discorso degli intellettuali non è stato sufficiente. Il mondo oggi guarda la guerra attraverso il telefono cellulare e l’individuo che osserva il bagliore delle bombe si chiede se non dovrebbe cambiare modello con uno con schermo più grande e dai colori vivaci. Solo quando quella persona riceverà il pezzo di una granata nella propria carne capirà di che cosa si tratta. Ma sarà già tardi.

Diceva Eco in quell’articolo che le armi nucleari hanno convinto tutti noi che un conflitto atomico non avrebbe avuto vincitori, ma un unico perdente: il pianeta (e noi!) Oggi, mi sembra che il professor Eco non direbbe la stessa cosa, non direbbe che tutti siamo convinti. C’è chi sogna ancora con una piccola bomba qua e là credendo innocentemente che il sole apparirà domani mattina. Sappiamo tutti che non ci sarà domani mattina, ma ci comportiamo come se niente fosse. Se oggi si arricchiscono i mercanti di missili, non si capisce che in quel futuro non ci saranno nemmeno mercanti di missili. Nemmeno loro rimarranno in vita. Nemmeno i milionari con i loro bunker protetti.

È dovere intellettuale dichiarare l’inutilità della guerra, anche se non si trovasse una soluzione al conflitto. Trovate una soluzione, direbbe Roosevelt, e se non funziona trovatene un’altra. È sconcertante assistere alle discussioni televisive sulle minacce senza fine dei vari paesi d’Europa, Russia e Stati Uniti e cinque minuti più tardi guardare le varie offerte pubblicitarie che sfilano sotto il nostro naso. È sorprendente e nevrotico; sconcertante e isterico. A cosa dovremmo prestare attenzione? Alla pubblicità del nuovo veicolo diesel o alla bomba che può cadere nel cortile di casa? Dobbiamo approfittare dell’offerta di questo nuovo shampoo ma dimenticando che la radioattività ci lascerà senza capelli. Sembra che ancora non si capisca che la guerra atomica annullerebbe ogni iniziativa umana; che ogni vittoria sarebbe apparente; che tutto sarebbe perduto e ogni cosa sarebbe persa. L’aria e l’acqua e il cibo (contaminato) e le città e la tua casa (lettore) e la mia e tutte le vite di coloro che amiamo e anche il più piccolo e prosaico dettaglio di parlare per telefono con un amico cesserebbe di esistere, come cesserebbe di esistere il futuro. O meglio, non possiamo immaginare noi stessi in quel futuro. Pensare alla guerra nel l’aprile 1991 e pensare di nuovo alla guerra nel l’aprile 2024 dimostra che il nostro progresso è solo tecnologico perché nelle discipline umanistiche siamo ancora nell’età della pietra.

La guerra oggi e qui, in Europa, sembra impossibile, eppure molti politici che siedono a Bruxelles ci dicono che è già iniziata. Non ho mai capito la frivolezza di alcune persone. E contro ogni incredulità e mentre scrivo queste righe (o mentre tu le leggi, lettore) forse qualche sciocco al nord (o nella fredda Siberia) stringe un interruttore rosso (perché è sempre un interruttore rosso, di pericolo!) e la morte atomica parte volando, attraverso i cieli che un tempo cantava l’infelice Dante.

Tutto questo può accadere o no. Chi sa se tutta questa atmosfera di terrore e angoscia non è usata per tenerci sotto controllo? per annullare il nostro pensiero critico, per soffocare il nostro spirito di libertà, il nostro desiderio di costruire un’Europa di progresso e non militare. Ridurre tutto il conflitto alla formula di buoni e cattivi è prova di una mentalità infantile. E forse si tratta di questo, che non siamo maturi per convivere gli uni con gli altri. Sembra che il mondo non sia abbastanza grande per tutti. Ce ne sono sempre alcuni, un piccolo gruppo, anche, che vogliono sottomettere il resto. Aveva ragione Huxley, dopo tutto, l’uomo uccide la carne, l’uomo mangia la carne. È triste capire che la sorprendente evoluzione umana è inutile di fronte alla brutalità di tanti uomini ansiosi di scatenare lo splendore atomico, affascinati dalla morte stessa. La stupidità non muore mai, ma fa morire gli altri, si lamentava Thomas Bernhard. E così, trentatré anni più tardi, torniamo a pensare la guerra, come voleva Umberto Eco, verificando ancora (se, di nuovo) che non abbiamo imparato nulla.

Perché il male trionfi, basta che la gente non si ribelli.

Ruben Ricca

(Regista e autore)

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© Riproduzione riservata

1 commento su “Fare la guerra…di Ruben Ricca”

  1. Tonino Spinello

    “Quando un popolo si lascia avvolgere dall’indifferenza, le porte della dittatura si spalancano silenziosamente.”
    Giuliano Martini Ascalone
    Egregio Ruben, per stima e simpatia le dico questo:
    L’1% controlla il mondo,
    Il 4% sono marionette vendute,
    Il 90% sono dormienti e negativizzati dall’1% che li vuole cosi. C’è un 5% che lo sa e che sta tentando di svegliare il 90%.
    L’1% non vuole che il 5% svegli il 90%.
    Da quello che leggo (anche dai precedenti articoli) Lei è uno di quelli che lo sta facendo. Cioè svegliare i dormienti!
    Quanto detto, non è altro che la sintesi degli ultimi anni ove le bugie, le menzogne, gli inganni sono diventati un modus operandi costante nella gestione della cosa pubblica e del pensiero uniformato.
    Parlando di Umberto Eco sulla guerra mi ha fatto pensare ad uno degli ultimi appelli di Cossiga rivolto alle Forze Armate:
    “Tenete pronte e ben oleate le vostre armi! Può venire il momento nel quale insorgere e ribellarsi potrà essere non un diritto ma un dovere: per la salvezza del Popolo e della Nazione….”
    Di contro oggi, per lo Stato nasciamo debitori, per la chiesa nasciamo peccatori, ma in realtà dovremmo nascere “liberi” e senza peccati o debiti.
    Cerchiamo di non dimenticarlo!
    Però nonostante tutto, mi piace pensare ad una frase di Seneca:
    “Non tutte le tempeste arrivano per distruggerti la vita. Alcune arrivano per pulire il tuo cammino”.
    Seneca Anima

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