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L’ora legale Pillole di Costituzione a cura di Piergiorgio Ricca

Rientra nel merito del diritto internazionale e degli stranieri l’art. 10 Cost., articolo nel quale viene sancita la volontà della nostra Repubblica di ottemperare ai “comandi” del diritto sovranazionale - si intende quel complesso di norme consuetudinarie (non scritte) che regolano i rapporti tra gli Stati, comprendenti principi e consuetudini generali.
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L’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto internazionale generale viene garantito dal primo comma dell’articolo in questione, il quale prevede che: “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”. Si tratta di una norma considerata come una sorta di “trasformatore” del diritto internazionale in diritto interno, in quanto regola il meccanismo di adattamento automatico che opera mediante un rinvio formale, rinviando direttamente alla fonte internazionale, così da produrre effetti giuridici diretti nel nostro ordinamento e senza il bisogno di una legge di recepimento (come invece accade per i trattati internazionali, norme sottoscritte volontariamente fra Stati firmatari, tutelati dall’art. 117 Cost.). Le consuetudini generali, pertanto, assumono il valore di norme di rango costituzionale: ciò implica che una legge interna in contrasto con il diritto internazionale generale, sarà costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 10 Cost.
I commi 2, 3 e 4 dell’art. 10 Cost. si occupano specificamente degli stranieri.
“La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”, questo è quanto prescritto dal secondo comma dell’art. 10 della nostra “Carta Fondamentale”. Considerata come disciplina di principio, i “Padri Costituenti” scelsero di tutelare gli stranieri, al fine di evitare il ripetersi di quella triste ciclicità storica padrona del ventennio fascista. Per eludere lo sproporzionato dominio delle forze di polizia, che potrebbe sconfinare in atteggiamenti violenti e discriminatori, la norma prevede che il trattamento dello straniero possa essere stabilito solamente con legge. Viene, pertanto, in rilievo il Testo Unico in materia di immigrazione (d.lgs. 286/1998), che regola la condizione dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea. A tali soggetti è consentito l’ingresso nel territorio italiano solamente qualora siano provvisti di valido passaporto o visto d’ingresso. Allo straniero, anche clandestino, è comunque garantito il rispetto dei diritti fondamentali della persona umana. Per ciò che concerne i cittadini degli Stati membri dell’UE, questi godono di un trattamento di “maggior” favore in forza dei trattati stipulati, di cui l’Italia è stata uno dei primi Paesi firmatari. Viene, di conseguenza, riconosciuto il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, senza alcuna necessità di visto o passaporto.
Il terzo comma dell’articolo esaminato statuisce che: “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Tale comma è dedicato al diritto d’asilo, espressione con la quale si indica la possibilità di ricevere protezione da un altro Stato rispetto a quello d’origine. Lo straniero, per ottenere tale trattamento, deve assumere la qualità di rifugiato politico, ossia di soggetto che nel suo Paese d’origine non può esercitare le libertà democratiche contemplate dal nostro “Statuto”.
L’ultimo comma, il quarto, conclusivo dell’art. 10, si occupa dell’estradizione. “Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”. L’estradizione è un rimedio processuale di cooperazione tra Stati, consistente nella consegna da parte di uno Stato di un individuo, che si trova nel proprio territorio, ad altro Stato, per essere sottoposto a giudizio od a sanzioni penali, qualora già condannato. La Costituzione pone il divieto di estradizione dello straniero per reati politici (reati che limitano le libertà dell’individuo); unica esclusione è quella dei delitti di genocidio, casi in cui è assolutamente ammessa.
Questa disposizione, oltre ad occuparsi dello straniero, “apre” il nostro ordinamento giuridico verso l’esterno, riconoscendo dei limiti al concetto di sovranità in senso stretto derivanti appunto dall’appartenenza degli Stati ad ordinamenti internazionali o sovranazionali (quali ad esempio l’Unione Europea), le cui norme travalicano i confini territoriali.

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