
Questo libro è una raccolta di storie brevi ed ogni racconto è diverso dall’altro per le tematiche affrontate e i personaggi che fanno parte delle storie raccontate. Il filo conduttore è la cucina, e tramite essa l’autrice ci parla di scorci di vita, di morte e di separazioni, con una sensibilità e uno stile toccanti, che faranno apprezzare il testo anche a chi di Giappone non conosce molto.
La prima storia è quella di una nonna che precipita nell’oblio della vecchiaia, dimenticando dapprima la figlia e poi la nipote. Niente sembrerebbe risvegliarla verso la vita, né il cibo né le premure della sua famiglia. Un giorno, però, la nipote decide di portarle una granita gelata, un piccolo gustoso “monte Fuji” identico a quello che aveva assaporato qualche anno prima in un chiosco, non lontano dalla sua casa, e allora la nonna ritrova una scintilla di gioia e vitalità.
La seconda storia parla di una donna gravemente ammalata, che decide di dedicare i suoi ultimi giorni a insegnare alla sua bambina come preparare un buon misoshiru, la zuppa di miso, la pasta di soia fermentata servita in una ciotola di brodo denso. Ha promesso al marito di preparargli ogni giorno il suo piatto preferito e cerca di trasmettere questa dolce promessa alla loro bambina.
In queste e nelle altre storie, i personaggi di Ito Ogawa celebrano quasi tutti degli addii – l’addio al mondo, agli affetti più intensi, a un lungo rapporto d’amore, ai luoghi più cari – in compagnia di un piatto da gustare. Per un breve fugace momento, il cibo – una cena nel ristorante preferito, la zuppa di miso, i funghi matsutake, una granita gelata – lenisce la crudeltà dell’addio e restituisce il piacere della vita e le gioie dei ricordi più intensi.
È interessante notare come Ito Ogawa veda nella buona cucina un vero e proprio medicinale per attenuare il dolore per la malattia e il lutto.
Con Ogawa, il cibo e la cucina raggiungono un livello estremamente spirituale, sensuale e poetico. Le sue descrizioni sono meravigliose e sembrano quasi trasmettere i sapori descritti.
La ragione per cui questi cibi sono così buoni è l’amore. Nessuno mangia da solo: i ristoranti vengono consigliati di padre in figlio, le pietanze cucinate in casa.
Una lettura piacevole e delicata, ma al tempo stesso d’impatto: l’autrice sa colpire con una narrativa limpida ed essenziale, consigliata per chi ama emozionarsi e non teme di confrontarsi con le proprie emozioni più profonde e dolorose.
Delia Covato
1 commento su ““La cena degli addii” di Ito Ogawa…….di Delia Covato”
Presumo che l’autrice di questo libro sappia bene che sarà l’ultimo. Fra un pò mangeremo artificialmente e penso che dovremo dire addio anche a libri e ricordi.
Un tempo la tavola univa gli uomini e le nazioni, molti sapranno che tanti accordi si sono conclusi grazie ad un buon pranzo.
Non oso immaginare che tipi di accordi potranno fare dopo avere mangiato una bella fiorentina artificiale con una spruzzatina di farina di grillo tostato.