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“Prima bevi il tè, poi fai la guerra” di Chiara Cataldi

Tempo di lettura: 2 minuti

Com’era l’Afghanistan negli anni duemiladieci, quando le truppe della NATO si trovavano sul territorio, prima ancora della caduta di Kabul nel 2021 nella morsa dei talebani?

Una risposta, per i curiosi, potrebbe trovarsi in un libro scritto da un’autrice di origine siciliana, Chiara Cataldi, che purtroppo è scomparsa all’età di 35 anni.

Chiara Cataldi ha trascorso un anno nell’ambasciata italiana a Kabul, un’esperienza straordinaria che l’aveva spinta a scrivere, sottoforma di diario, il libro “Prima bevi il tè, poi fai la guerra”.

Il titolo potrebbe sembrare un’allusione alla politica imperialista, ma è la stessa scrittrice che motiva la sua scelta, proveniente da un vecchio detto insegnatole da Malik, responsabile afghano del progetto della Cooperazione Italiana per le donne. Il significato è semplice: bisogna dare tempo al tempo, niente è urgente nella vita, neppure la guerra. E il tè, che va sorseggiato con calma, rappresenta questa filosofia di vita tipicamente afghana.

È un reportage speciale, lontano dai toni catastrofici dei giornali perché scritto con una penna scorrevole e leggera. L’autrice si dimostra capace di muoversi in spazi delicati, che sono fatti di dolore, distruzione e giardini pieni di rose, in un paese che già allora era sull’orlo del baratro.

In 188 pagine, Chiara Cataldi ci porta ad esplorare un paese che oggi è martoriato in maniera ancora più brutale.

La scrittrice racconta delle attività dell’orfanotrofio di Kabul, del lavoro all’interno dell’ambasciata, fa un resoconto sull’ospedale di Emergency ad Anabah, dei “miracoli” del Centro Ortopedico della Croce Rossa, cioè ci fornisce uno sguardo tutto italiano nei confronti di quelle associazioni ed istituzioni dove le persone, sia afghane che straniere, lavorano duramente per alleviare le sofferenze di questo popolo e per spingere il paese verso la normalità, anche se gli attentati sono, purtroppo, all’ordine del giorno.

Si passa dalla denuncia della condizione femminile (che, come sappiamo, è peggiorata) alla celebrazione dell’ospitalità afghana, dalle macerie della guerra all’immersione nella storia del paese.

È un libro che si legge in un soffio, il lettore e la lettrice vengono trasportati in un luogo lontano dalle parole di una scrittrice capace e competente. Perché leggerlo? È necessario comprendere il passato, per cercare soluzioni alle sofferenze del presente; per il futuro è necessario cercare la speranza adesso.

Delia Covato

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