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L’italietta dei gialloverdi…..l’opinione di Rita Faletti

In passato, la comunicazione tra persone avveniva attraverso le lettere. C’era lo spazio per raccontare, spiegare, argomentare, esprimere sentimenti, e il tempo per farlo si trovava sempre. L’attesa della risposta era carica di aspettativa e anche questo era un particolare di cui non è rimasto neanche il ricordo. Nessuno ha nostalgia della carta da lettere colorata, decorata con ghirigori, fiorellini e orpelli vari. Sms, selfie, tweete video hanno soppiantato lo scambio epistolare senza che nessuno mostri di rimpiangerlo. D’altronde, che senso avrebbe oggi avere a disposizione l’occorrente per una lettera, con la seccatura di dover disporre anche di un francobollo e di una cassetta nelle immediate vicinanze? Un ipad, iphone, tablet, meglio se di ultima generazione, e il gioco è fatto. Averne uno è più importante che usarlo. Usarlo è un fatto secondario, è la conseguenza del possederlo. Con la lettera era l’opposto: se scrivevi avevi qualcosa da dire. Oggi all’inflazione comunicativa corrispondono l’assenza di pensiero, l’insignificanza e il bisogno ossessivo di esserci. Devi far sapere dove sei, cosa stai facendo, cosa stai mangiando. E’ idiota. Nessuno che abbia il coraggio di commentare con un : cosa me ne frega. Si risponde con: “Wow!”. Questa interconnessione globale ininterrotta, influenza inesorabilmente il linguaggio che è sempre più povero, impreciso, semplificato. Al declino del linguaggio corrisponde il declino del pensiero, più riduci all’osso il sistema linguistico, più limiti le potenzialità e l’organizzazione del pensiero e viceversa. In questo contesto lo slogan trionfa. “Abbiamo abolito la povertà!” strombazza Di Maio dal balcone e le grulle e i grulli si bevono la fandonia colossale senza fare una piega. Il popolo esulta, Di Maio e i suoi esultano e pensano: “Fatto!” La manovra del popolo è un duplice successo: oltre ad avere abolito la povertà, le parole assumono la forza delle azioni, il consenso è assicurato anche questa volta. E di slogan in slogan, i cialtroni di governo costruiscono le loro politiche. Non è necessario che i risultati arrivino, bastano le parole. Siamo all’assurdo. Ma a tutto c’è una spiegazione. La delusione del popolo e il discredito della politica, l’ignoranza crassa di tanti, l’analfabetismo funzionale dilagante, il fallimento della scuola, la mancanza di riferimenti, la disabitudine a pensare con la propria testa, il senso di sicurezza che dà il gregge, il bisogno di identificazione: parlo come te, sono come te. E’ appagante questa condivisione che azzera le distanze tra le persone e i loro rappresentanti politici. L’omologazione identitaria è alla base della popolarità dei gialloverdi che si sono presentati con una trovata geniale: uno vale uno. Lo studio, la competenza, l’esperienza, la gavetta non servono. Quello che la gente vuole sentirsi dire. L’illusione che l’orizzontalità abbia sostituito la verticalità del potere.Molti, stando ai numeri, la maggioranza, non capiscono di essere furbescamente manipolati, di essere il mezzo per il raggiungimento e la conservazione del potere, che è l’unico vero interesse felpastellato .Poi, quando arrivano cattive notizie, la fosca previsione del Fondo Monetario Internazionale che stima la crescita allo 0,6 per cento nell’anno in corso invece che all’uno per cento, si scatena la rabbia e partono le invettive contro il nemico. Allora niente boom economico? Espansione o recessione? Questo è il dilemma. Di Maio rassicura le fasce deboli: vi salvaguarderemo. Non dice come, però, basta la promessa. Nelle dittature, per tenere buono il popolo che tanto bene non stava nonostante la propaganda e gli slogan, era stato escogitato lo stratagemma del nemico esterno. Questo governo, che vuole sostituire alla democrazia rappresentativa la democrazia diretta, cioè una democrazia illiberale, usa la stessa arma. In questo periodo il nemico ideale è la Francia. I gilet gialli abbandonati da Macron, Strasburgo, sede del Consiglio europeo, una “marchetta” alla Francia (secondo il burino reduce dal Sudamerica), il franco Cfa, indicato dai sovranisti come “euro africano”, che impedisce all’economia di 14 stati africani di crescere, tutte false rappresentazioni di realtà ben diverse. Ma la nuvola passa e il sorriso ritorna con Banfi, che Di Maio ha promosso rappresentante della Commissione italiana per l’Unesco. La versione grillina di Razzi,sedicente ambasciatore di pace in Corea del Nord.Evviva l’italietta dei gialloverdi! ritafaletti.blog

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