
Il diritto al risarcimento del danno per la reiterazione abusiva di contratti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione, in particolare nel settore scolastico, sussiste anche in caso di successiva stabilizzazione del lavoratore.
Tale principio è ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e dei tribunali di merito, che riconoscono come illecita la condotta della Pubblica Amministrazione (in particolare il Ministero dell’Istruzione) che, superando il limite dei 36 mesi di contratti a termine, abusa dello strumento contrattuale precario, in violazione del diritto del lavoratore alla stabilità.
La reiterazione di contratti oltre i 36 mesi costituisce un abuso che dà diritto al lavoratore a un risarcimento per il danno patrimoniale (perdita di chance, mancato guadagno, ritardo nella progressione di carriera) e non patrimoniale (danno alla professionalità, ansia e stress per l’incertezza occupazionale). Il risarcimento può variare da un minimo di 4 a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione percepita.
È importante sottolineare che il diritto al risarcimento si estende anche ai docenti di religione, categoria che da anni subisce la reiterazione di contratti a termine, nonostante lo svolgimento di funzioni stabili e continuative.
Significativa in tal senso è la sentenza del Tribunale di Asti, del 29/11/2024 che ha condannato il Ministero dell’Istruzione a riconoscere un risarcimento di oltre 50.618,40 euro a un docente di religione, per la reiterata stipula di contratti a tempo determinato il cui I incarico nel 2005/06 ben oltre il limite dei 36 mesi, riconoscendo il massimo del risarcimento.
La successiva immissione in ruolo (stabilizzazione) non esclude il diritto al risarcimento: i giudici ritengono che il danno subito durante il periodo di precariato abusivo debba comunque essere
indennizzato.
L’Unione Nazionale Consumatori – Sede di Modica – si è attivata per tutelare i diritti di tutti i docenti precari, compresi i docenti di religione, che abbiano subito tale abuso da parte della PA. Si ricorda che il termine di prescrizione per far valere il diritto è di 10 anni, a decorrere dalla cessazione dell’ultimo contratto.
Per avviare l’azione giudiziaria è necessario produrre:
Copia dei contratti a tempo determinato;
Ultime buste paga;
Eventuali comunicazioni di immissione in ruolo;
Eventuali diffide già inoltrate alla Pubblica Amministrazione.
Avv. Antonino Di Giacomo e Stefano Di Giacomo