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L’ora legale Pillole di Costituzione a cura di Piergiorgio Ricca

Secondo un principio cardine della filosofia, è il pensiero che costituisce l'espressione fondamentale dell'Io.
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Oggetto specifico della libertà di manifestazione del pensiero, non è il diritto di comunicare liberamente con un destinatario determinato (ciò viene tutelato dall’art. 15 Cost.), bensì il diritto di esprimere il proprio pensiero ad una sfera indeterminata di soggetti. Tale ultima situazione è protetta dall’art. 21 Cost.. L’articolo in questione è composto da 6 commi.
Al primo, si dispone che: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Le libertà protette riguardano tutte le possibili manifestazioni del pensiero: non solo quelle orali o scritte, ma anche quelle espresse con qualunque altro mezzo di comunicazione (ad esempio la radio, i giornali, i social). Dal 1 gennaio 1948, giorno in cui è entrata in vigore la Costituzione, il sistema dei mezzi di diffusione del pensiero ha avvertito un costante mutamento, fino a caratterizzare l’epoca contemporanea, un’età dominata dai social e dai mass-media che ricoprono un ruolo centrale nella comunicazione. Comunicazione che ha acquisito una visione non più territoriale, limitata al territorio in cui si vive, ma globale, indirizzata a tutto il mondo. Tutto questo ha dato adito a delle problematiche costituzionali relative al tema della disciplina dei “mezzi”, che puntano a formare un catalogo aperto, al cui interno risaltano nuove figure.
Di particolare rilevanza è ciò che il legislatore costituzionale ha previsto nel primo capoverso, dell’art. 21 Cost.: “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. La legislazione fascista predisponeva un sistema che consentiva al potere esecutivo un rigido controllo del mezzo della stampa. Con la Costituzione, “il vento è cambiato” e si è vietato di sottoporre a controlli amministrativi preventivi sia l’attività diretta alla produzione degli stampati (autorizzazioni), sia il loro contenuto (censure). Il legislatore repubblicano ha riformato inoltre la disciplina dell’Ordine e dell’Albo dei giornalisti, eliminando i requisiti di natura politica richiesti, in passato, per ottenere l’iscrizione. Tale intera disciplina ha suscitato una serie di problemi di legittimità costituzionale, ritenendola in contrasto con il primo comma dell’articolo in esame. La Corte Costituzionale è intervenuta, a più riprese, sostenendo che le norme riguardanti i giornalisti non solo non sono lesive dell’art. 21, primo comma, Cost., ma al contrario, vengono ritenute rafforzative della libertà dell’intera categoria.
Il terzo comma, dell’art. 21 Cost. stabilisce che: “si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili”. Il divieto di sottoporre la stampa a sequestro, qualora venga commesso un delitto a mezzo stampa, prevede una riserva di giurisdizione (atto motivato dell’autorità giudiziaria) ed una riserva di legge (violazione delle norme stabilite dalla legge). Il sequestro dello stampato è oggetto di una specifica disciplina normativa, la legge n. 47/1948.
Nei casi di assoluta urgenza, qualora non sia possibile l’intervento tempestivo dell’autorità giudiziaria, al sequestro dello stampato può procedere l’autorità di polizia, la quale ha comunque l’obbligo di comunicare tempestivamente (entro 24 ore), l’avvenuto sequestro all’autorità giudiziaria. Il giudice deve intervenire e convalidare il sequestro entro le 24 ore successive, altrimenti s’intende revocato e privo di qualsiasi effetto. Ciò lo si statuisce nel quarto comma del ventunesimo articolo della nostra Carta Fondamentale: “in tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto”.
Il quinto comma dell’articolo esaminato fissa un altro punto: “la legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica”; con ciò, viene data la possibilità al legislatore di imporre alle case editrici, mediante una dettagliata disciplina, l’obbligo di rendere noti i loro mezzi di finanziamento. Ciò può avvenire, visto che le fonti di finanziamento della stampa influiscono ovviamente sugli orientamenti divulgati, per questo si rende necessaria una totale trasparenza finanziaria.
“Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”. Il sesto ed ultimo comma prevede un limite espresso alla libertà di manifestazione del pensiero, rappresentato dal buon costume. Il concetto di buon costume è molto ampio e varia nel tempo ed è riferito ai sentimenti comuni della collettività, riguardanti i concetti di pudore, riservatezza ed onestà. Al di là dell’unico limite espresso, cioè il buon costume, esistono anche altri limiti, definibili come impliciti (onore, difesa della Patria, tutela dei minori, ecc.). Il compito di individuare questi beni è essenzialmente rimesso all’interprete sulla base del criterio generale del “giusto bilanciamento degli interessi in gioco”.
Da ultimo, al tema della stampa, va ricondotto il diritto di cronaca. Affinché il giornalista non venga accusato di diffamazione a mezzo stampa, è necessario che la notizia rispetti tre principi: verità, pertinenza e continenza. La notizia divulgata deve quindi essere vera, deve avere una rilevanza pubblica e deve essere riferita con forme non offensive.
Per concludere, possiamo sostenere che la libera manifestazione del pensiero è un presupposto essenziale per la vita di un Paese democratico, in quanto garantisce la formazione di un convincimento libero e personale da parte di ogni consociato e di una opinione pubblica che abbia sviluppato un elevato senso critico.

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