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L’ora legale Pillole di Costituzione a cura di Piergiorgio Ricca

Oltre all’art. 10, anche l’art. 11 Cost. si occupa dell’apertura internazionalista dell’ordinamento giuridico italiano.
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“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

La prima parte della norma vieta l’utilizzo della violenza armata come strumento di offesa, ragion per cui è proibito l’utilizzo delle guerre di aggressione, vale a dire conflitti armati volti a ledere l’indipendenza di uno Stato o ad imporre un certo ordinamento costituzionale ad una determinata popolazione, per fini propri dello Stato “attaccante”. L’art. 11 Cost., voluto dai “Padri Costituenti”, intende cercare di scongiurare ciò che era avvenuto in passato con i due conflitti mondiali, i quali avevano seminato morte e terrore.

Diametralmente all’opposto si collocano le “guerre di difesa”, consentite implicitamente dalla disposizione per respingere un attacco armato che possa mettere a repentaglio la sicurezza dello Stato, nei suoi elementi essenziali, ovvero, la sovranità, il popolo ed il territorio.

La seconda parte dell’articolo in questione, impegna l’Italia a consentire alle limitazioni di sovranità, nonché a favorire le organizzazioni rivolte alle finalità di pace e giustizia. Tali limitazioni non riguardano solamente l’attività normativa dello Stato, ma anche quella giurisdizionale ed amministrativa, in modo che i cittadini, oltre ad essere sottoposti all’autorità nazionale, possano essere assoggettati anche alle autorità straniere, qualora siano stati siglati trattati in merito.

È sulla base dell’art. 11 Cost. che l’Italia ha chiesto ed ottenuto di far parte dell’ONU, svolgendo un ruolo da protagonista nella nascita dell’Unione Europea.

In tema di rapporti tra ordinamento interno ed ordinamento europeo (oltre all’art. 117 Cost.) è proprio l’art. 11 a proporsi come “norma cardine”. Due sono le tesi invocate: da un lato la tesi monista (maggioritaria) e dall’altro la tesi dualista (minoritaria)

La prima, caldeggiata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, secondo la quale l’ordinamento comunitario è integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri, con la conseguenza che anche le fonti comunitarie e nazionali sono configurate come integrate in un solo sistema. Ne deriva che le norme di diritto comunitario sono fonti ad applicazione immediata che prevalgono su qualsiasi disposizione nazionale preesistente e contrastante. Qualsiasi giudice nazionale ha pertanto l’obbligo di applicare il diritto comunitario, disapplicando le norme nazionali eventualmente contrastanti, senza dover attendere una rimozione del “dettame” da parte di un organo costituzionale interno (Parlamento o Corte Costituzionale).

Secondo la tesi dualista, minoritaria, i due ordinamenti sono del tutto autonomi e distinti, sebbene coordinati.

Ad ogni modo, la limitazione non può richiedere la compromissione dei valori fondamentali espressi dalla nostra Carta Costituzionale. A tutela di tale principio vi è la cosiddetta “teoria dei controlimiti”, che impone alle autorità nazionali di disapplicare qualsiasi norma straniera in contrasto con i principi costituzionali.

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