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Amalia Iannicelli legge Nella trafitta delle antinomie di Pisana

La raccolta poetica rumeno-italiana del Presidente del Caffè Letterario Quasimodo di Modica, è stata pubblicata da Helicon Edizioni di Arezzo, e da Editura Şcoala Ardeleană, in Romania
Tempo di lettura: 2 minuti

Il poeta Domenico Pisana, lo si evince dal suo curricolo, è un artista eclettico. Il suo sapere spazia tra i vari campi della conoscenza. Lo si può definire un sapiente. Voglio esprimere le mie impressioni sulla sua ultima raccolta poetica,  Nella trafitta delle antinomie, Helicon Edizioni, 2020, con prefazione dell’italianista Dario Stazzone, e tradotta in Romania da Stefan Damian, poeta, scrittore, saggista, filologo, già direttore della cattedra di lingue e letterature romanze della Facoltà di lettere dell’Università Babeș-Bolyai della Romania, e pubblicata dalla Casa editrice Editura Şcoala Ardeleană, diretta da Vasile George Dancu.
Filone, filosofo giudaico di Alessandria d’Egitto, dice che il sapiente cammina sul crinale tagliente della montagna, per cui riesce a guardare sia il versante in ombra che il versante illuminato dal sole. Questo permette a Domenico Pisana una visione completa del mondo: da un lato la società liquida, fluida direi, l’economia incerta, le falle nella giustizia, la crisi nella scuola, la fame nel terzo mondo non solo geografico, le disuguaglianze e tanto altro che non è il caso di elencare; sempre, poi, da questo lato si intravede un futuro minato dalla giungla di opinioni e di posizioni, una giungla abitata da quelli che si contendono lo scettro di una pseudo verità, uno scenario oscuro dominato dalla secolarizzazione e dal nichilismo. Dall’altro lato la luce della fede che riesce a rischiarare i sentieri della speranza, rendendo lucidi i ragionamenti e le riflessioni.
Entriamo nel vivo dell’opera. La silloge è coinvolgente, avvolgente nel ritmo, nell’accurata scelta delle parole, delle metafore che fioriscono come per magia tra i versi, nelle immagini, nei lemmi appropriati, studiati con la perizia e la sensibilità di chi è abituato, come tutti i poeti contemplativi, a guardarsi intorno e a cogliere forme, linee, colori, umori che non a tutti è dato cogliere.
Leggendo, mi è venuta subito alla mente una composizione di Keats: “Ode all’usignolo”: un inno all’immortalità, al desiderio, al sogno di eternità dell’uomo. Sappiamo infatti che non siamo fatti per la morte, siamo nati per essere vivi in eterno, come il melodioso usignolo:

Tu non nascesti per morire, tu, piuma immortale!
…e la voce, che odo in questa fuggevole notte, fu udita
in antichi giorni da re e da villani…

Il gorgheggio armonioso, sempre uguale ma sempre gradito, simboleggia la voce musicale, immortale, la voce della natura, della poesia, dell’arte e dello spirito. Questa voce universale ed eterna ha consolato gli esseri umani, stupiti dalla bellezza della vita, amareggiati dal dramma dell’esistenza. Questa voce apre la finestra del remoto, del magico, dell’ideale, della solitudine pensosa. Ogni poeta, dunque, dando voce al suo intimo sentire, cerca inconsciamente l’immortalità attraverso le sue opere, grazie alle quali sarà ricordato per sempre. Pisana, nella poesia “Fili spinati” scrive:

… e su questi versi scenderà l’oblio
come l’acqua che cancella i disegni sulla sabbia…

Già il titolo di questa raccolta incuriosisce e subito si avverte l’intensità e la profondità dell’impianto contenutistico e della cifra stilistica dell’opera.
“Trafitta” significa puntura, dolore acuto, lancinante, grave afflizione. “Antinomia” significa contraddizione, reale o apparente. L’elaborazione del pensiero spesso si trova davanti a contrasti, a conflitti che turbano la coscienza, di fronte alla complessità della realtà materiale e trascendente. Antinomia come inquietudine, l’inquietudine del credente Pisana, sempre in cerca di appigli per superare le spinte razionali o irrazionali rispetto alla tentazione di non ascoltare la propria interiorità, per restare invece catturato dall’esteriorità, da ciò che accade intorno che turba l’equilibrio dell’etica, del discernimento, del giudizio.
Per un artista la scrittura diventa catartica, liberatoria in alcune fasi, riuscendo ad alleggerire i pesi che restano lì a opprimere, a recare tristezza e angoscia. In altre fasi della vita diventa addirittura pratica dolorosa perché si entra in un luogo profondo della coscienza che è difficile scandagliare e tirar fuori con graffi a volte sanguinanti.
Come i grandi artisti, Domenico Pisana possiede un animo capace di provare il dolore, ma possiede anche una straordinaria capacità di assorbirlo, sublimarlo, attraversando il mistero, toccando le radici del male che hanno provocato anche il dolore di Dio nell’Eden: …Vedo le lacrime di Dio nell’oscurità del giardino, / il suo pianto irrompe nel silenzio di angelici uomini…, scrive nella poesia “Le lacrime di Dio”, forse ricordando le lacrime versate da Gesù di fronte a Gerusalemme.
Questa raccolta a me sembra frutto di questi altalenanti momenti. Naturalmente ogni lettore, di fronte ad un testo poetico trova una sua interpretazione, incontra parallelismi con la propria visione della vita, collega sentimenti ed impressioni al proprio mondo psichico ed esperienziale. Questo è il mio modo di aver inteso i motivi e le motivazioni, il senso e le sensazioni.
I temi civili sono trattati da Domenico Pisana con la stessa enfasi e la stessa forza lirica dei temi dell’autobiografia esistenziale. Di fronte alle nostre realtà politiche e di fronte a quelle di altri paesi, il poeta si interroga, scruta l’orizzonte, si sente in obbligo di risvegliare le coscienze per superare le antiche inerzie e le nuove sfide:

“…nel tanfo di paludi” che ammucchiano carte
dove il male non è sostanza ma gracida
nella melma del diritto piegato agli articoli
della Carta divenuta Bibbia milleusi…”

Il richiamo di Pisana diventa preghiera universale, fatta di gemiti e sospiri, con un linguaggio ora grave e solenne, ora affranto e deluso, ora pacato e consolatorio: moniti mascherati da pietosi lini intessuti di metaforici rimpianti e affrante meditazioni sulla triste realtà che viviamo, non conducono al pessimismo leopardiano, ma alla sofferta speranza di Rilke :

…Hablamos, parla tu, barca di Pietro invasa dalle onde,
lascia il canto di voci stonate e spargi il profumo
nella notte nera con parole di Luce che aprono le tombe
con spighe di grano che saziano la fame, parole di fede
che riempiono di speranza i giardini dell’anima… (p. 98).

In ogni componimento si intuisce la complessità dell’animo di Domenico Pisana, che, come poeta errante nell’umanità, trasfigura concetti e visioni in mistiche, magiche costruzioni, dove sono copiose le ingerenze storiche, letterarie, sociologiche. Anche quando si ferma a contemplare le controverse vicende politiche, o le diverse posizioni pseudo ideologiche del nostro paese, dell’Europa, del mondo occidentale, il suo racconto ha lucidità concettuale, pur nell’esercizio suggestivo e raffinato della parola:

…E di già una nuova torre lacera L’Europa,
gemono i popoli, l’unità e il molteplice, le radici
si piegano verso le falci nella terra
delle contaminazioni, si perde nel cielo
uguale il messaggio dei profeti… (p. 102).

Oso definire profetici i versi in cui tratta della guerra, che a noi sembrava lontana, anacronistica, superata:

…Di città in città si piangono i feriti
Nel fossato di parole
E il sole di giustizia sbiadisce
Su un’altra pagina di morte… (p.110).

Degna di nota è una vera e propria ode all’Italia, alla nostra Costituzione, la più bella del mondo, nata come coronamento delle lotte per la libertà e la democrazia: “Non è democrazia, ma mi lascia sofferente questa terra ancora da redimere, sconosciuta a noi, a me, agli altri…” (p.106)
La sensibilità poetica si esprime anche su temi scottanti dell’attualità drammatica dei profughi. Non si può rimanere muti davanti allo spettacolo di masse di uomini, donne e bambini che lasciano i loro paesi in cerca di una vita migliore, in cerca di una normalità, mortificata da guerre fratricide, che muoiono o si accampano ai confini di Stati che negano asilo e umana comprensione :

…nella casa globale ognuno detta leggi
cerca lo sciocco col sorriso sulle labbra,
costruisce il proprio nido all’ombra di Nemesi
uccidendo la speranza di chi fugge la morte
per trovare la vita alla luce del sole… (p. 56).

Domenico Pisana riesce a far diventare poesia anche un tema amaro come quello della violenza sulle donne, facendo venir fuori la tristezza e la rabbia, il dolore, la solidarietà. Si alza imperioso l’invito a non cedere, a non tacere, a denunciare, come nella lirica con dedica “Alle donne vittime della violenza” :

…e voi, ninfe
ignare cadute nel tranello, condotte nei boschi
dell’inganno, non arrendetevi a chi
marito, amico, amante, compagno
nasconde il reale nella mimesi quotidiana…

Nella stessa poesia si incontra il mito, il rapporto stretto e appassionato con il mondo classico. Sedotto da Euterpe, musa della musica, da Tersicore, musa della danza e da Calliope, musa della poesia, troviamo il riferimento a figure di donne leggendarie, mettendo in evidenza la condizione millenaria della donna, vittima, schiava, oggetto:

…Tu donna, vittima del Dioniso di turno,
sei la nuova Egina rapita da Zeus,
la nuova Lucrezia violentata da Tarquinio,
l’innocente che paga la tracotanza di bestie.
La fanciulla che cade nelle mani del drago…

Vediamo così le commistioni tra diversi momenti storici e la mitologia, eterna possibilità di identificazione dell’uomo nelle componenti visibili ed invisibili: l’odio, l’amore, il desiderio, il sogno.(p.30, 126) I versi che descrivono la natura, l’ ambiente, i ricordi sensoriali arrivano ad un valore lirico molto alto, toccando le corde più profonde dell’animo come nel mare di Pozzallo, specchio senza cornice per illusioni di ghiaccio…o nel borgo di Semestene, dove …camminando, tra viuzze, alberi e paesaggi respiro l’aria di un paese in poesia… La poesia suscita il brivido della bellezza edenica.
Chiude la raccolta un’appendice dedicata a illustri uomini, astri nel firmamento della letteratura come D’Annunzio, Quasimodo, Carducci, Saba, Baudelaire, che vuol essere un omaggio sentito ma anche un invito ad apprezzare questi modelli di alta poesia che trasmettono emozioni, sentimenti, ideali.
Di particolare interesse sono le poesie dedicate al suo amico, Piero Guccione (p.168), grande pittore, la cui fama ha varcato i confini della nostra isola, … in suo nome parleranno il cielo, il mare, le campagne, le pietre, gli scorci…, e a Peppe Drago, politico di razza, di cui elogia l’orgoglio, l’impegno, la passione. La poesia termina con questi versi che indicano l’affetto e l’ammirazione: Questo è l’ideogramma della vita /il segreto del canto degli amici. Da insegnante che non smette mai di esserlo, Pisana scrive una preziosa composizione poetica sull’incapacità degli uomini del nostro tempo di ascoltare, sopraffatti dalla miriade di voci, rumors, sproloqui che provengono da più parti e che inondano la nostra vita e la nostra quotidianità.
In un tempo in cui stanno pericolosamente cadendo gli architravi di un solido sistema valoriale che conduce ad una società sempre più disumanizzata e disumanizzante, Domenico Pisana raccoglie il grido degli ultimi, collocandosi a pieno titolo nello spazio letterario di un nuovo umanesimo e auspicando la rinascita dell’uomo e il ritorno ai valori eterni della fede, della solidarietà, della fraternità e della sussidiarietà.

Amalia Iannicelli

500992
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