
Non eravamo amici e ci conoscevamo a malapena. Al di là di qualche conversazione isolata o di qualche incontro fortuito, il nostro più stretto contatto è stato una prova avvenuta nella sua casa di campagna di Ragusa. Una prova di un’operamitologica che aveva preparato e che aveva voluto condividere mentre lo aiutavo nella regia. Mi è sembrato un tipo viaggiato, tranquillo, sensibile. Mentre bevevamo caffè parlavamo a lungo di teatro, di miti, di viaggi e di vita. Ma non eravamo amici e ci conoscevamo a malapena. E allora, perché questo epitaffio? Perché è già il secondo attore/attrice che se ne va ad astra in questi mesi dell’anno ed è sempre triste quando è una persona vicina. Come la nostra cara Letizia che è da mesi in qualche paradiso. Ai tempi di Moliere, in Francia, non si poteva dare sepoltura agli attori in camposanto. Né agli attori, né agli autori, né ai registi, né a chiunque altro appartenesse a questo mestiere. E così, dal lontano Impero Romano fino ad oggi, noi che ci dedichiamo a questa professione maledetta ci siamo abituati al maltrattamento, all’oblio e al disprezzo. Ci siamo abituati a sentirci parlare come profughi o come ignoranti della vita quando proprio l’arte che padroneggiamo parla della vita. Come può toccarmi così intimamente la scomparsa di due attori che conoscevo appena? Forse perché Roberto e Letizia ci sussurrano che questo è solo un viaggio di andata e che dovremmo coltivare molto di più l’umiltà e la semplicità e capire questa professione come un privilegio che ci è stato regalato. Anche se spesso è ingrata. Ci rimane la felicità di aver condiviso con i nostri amici quei magici momenti, impressi nel ricordo. Lì non arriva la morte, questo è solo nostro ed è un pezzo di immortalità che nessuno potrà rubarci. Buon viaggio, cari.
Rubén Ricca (autore e regista)