
Giornali, social, conduttori e ospiti di talk show, filorussi e filocinesi di estrema destra e estrema sinistra, sostenitori della politica dell’equidistanza di stampo cattolico, tutti in attesa della proposta di pace in dodici punti che il presidente cinese Xi Jinping stava per consegnare all’amico Vladimir. Aria di coinvolgimento emotivo mentre nella capitale della Federazione russa gli incontri fitti fitti tra i due dittatori venivano distribuiti nell’arco dei tre giorni di maratona, ma senza Mentana, quanto è durata la visita di Xi. Una visita a tutto campo, un’accoglienza attenta ad ogni particolare come si conviene quando l’ospite è il presidente del Regno di Mezzo dove il cerimoniale è religione. In Oriente la forma è armonia, la sostanza si può rinegoziare secondo le convenienze. Lo sguardo obliquo degli occhi a mandorla, parole misurate, sorrisi accennati e strette di mano su un tappeto rosso di dimensioni “imperiali” sono stati il rituale offerto al mondo dalla strana coppia legata da “amicizia illimitata”, ma non tra pari. Un’amicizia “dura come la roccia”, come sottolineato da Xi, che ha voluto suggellare con un dono offerto al suo omologo russo e offrendo se stesso al mondo come mediatore di pace. Dove gli altri hanno fallito, il gentile capo del partito comunista cinese potrebbe avere successo. Dunque, la proposta. Di fatto, un contenitore senza contenuto, privo di indicazioni concrete o suggerimenti, la spia del sostanziale disinteresse di Pechino per la pace. Più volte, fin dall’inizio dell’invasione, Zelensky ha invitato Xi ad usare il proprio ascendente su Putin per convincerlo a fermare il conflitto. Un disinteresse che nell’ordine delle cose non poteva che tradursi in disimpegno rispetto un’invasione che Xi non ha mai condannato, rifiutando la distinzione tra aggressore e aggredito. Una proposta farsa che a Putin non è costato nulla dichiarare di essere pronto a condividere, mentre spediva droni iraniani contro infrastrutture e edifici residenziali nei centri di Kyiv e Kherson. “Putin ha detto che vuole la pace”. Ottimismo credulone e ignorante dei soliti italiani anti occidentali e di un gruppo di intellettuali fuori fase. “Ma Putin ha detto che vuole la pace”. Non la vuole affatto e non la vuole nemmeno l’amico con gli occhi a mandorla. La pace non ha alcun valore per le associazioni criminali altrimenti definite “amicizie senza limiti”. In quell’espressione sta il significato di quello che le dittature sono e di quello che sono disposte a fare pur di intascarsi territori di proprietà altrui o indipendenti, con la stessa facilità con cui si ruba una mela al mercato e la si fa franca. Ucraina e Taiwan, le mele agognate dalla strana coppia. Se la proposta di pace piace a Putin, non può certo piacere a Zelensky, ma Zelensky non conta perché Zelensky non esiste come non esiste l’Ucraina. Putin può truffarci e dire che non è lui a non volere la pace ma la sua controparte a non volerla. Fesso chi ci crede. Non ci credono i britannici, gli europei del nord e dell’est e gli americani. Non ci credono le democrazie mature, non ci credono gli storici seri, non ci credono coloro che credono nel Diritto internazionale e lo rispettano, non ci credono coloro che identificano la minaccia, l’intimidazione, la violenza con i metodi mafiosi, non ci crede l’Europa che continua a sostenere Kyiv. Non ci credo neanch’io.