
Il Partito democratico ha trovato il suo centro di gravità permanente in Elly Schlein e contemporaneamente una parvenza di unità che il tempo dimostrerà se praticabile o meno. Il programma può attendere e la ventata di ottimismo che sta rianimando il partito aiuterà, forse, la neosegretaria, a stabilire i modi per coagulare le varie sinistre alla perenne ricerca di una guida. Basta capibastone e cacicchi. Avere un segretario donna è già una conquista per chi si è sentito costretto ad inseguire la destra sulla strada del rosa. Sembra però che questa destra contro la quale l’opposizione ha giurato guerra, non abbia finito di riservare sorprese. Non solo il capo dell’esecutivo è donna e viene dal partito posizionato più a destra nella maggioranza, ma dopo 27 anni, ultimo fu Romano Prodi, accetta di partecipare al congresso nazionale della Cgil, il XIX. “Ringrazio tutta la Cgil dell’invito, anche chi mi contesta con slogan come “pensati sgradita”. Non ho voluto mancare per rispetto di un sindacato che è il più antico del nostro Paese”, ha esordito Giorgia Meloni, che non ha però evitato di citare la dichiarazione secondo cui la Cgil non è un sindacato di opposizione, osservando, ironicamente: “Figuriamoci se lo fosse”. Del resto, è corazzata contro le contestazioni e i fischi che non le sono stati lesinati nei precedenti trent’anni. Un incipit che rispecchia la personalità di Meloni, attenta che le parole escano in modo chiaro e diretto come il suo pensiero, anche quando sa che questo non è condiviso, e aliena dal vizio diffuso a sinistra di delegittimare l’avversario politico. Coraggiosa e disponibile al confronto, ma ferma sulle proprie posizioni, le magliette con le scritte “no al razzismo”, i peluche sui banchi, l’accoglienza riservatale da un gruppo di delegati che quando lei sale sul palco rosso si alza e col pugno alzato se ne va intonando “Bella ciao”, non incrinano di un millimetro la sicurezza della premier, che osserva la scena con quell’espressione ormai nota di leggera sfida quando viene attaccata. “Gli incontri sono sempre utili, sono per un ascolto serio e senza pregiudizi”, come dire, voi invece ne avete parecchi nei miei confronti. Entrare nella tana del lupo comporta rischi ma non quello di diventare remissivi. La premier, infatti, difende la delega fiscale bocciata dalla Cgil, spiega perché il reddito di cittadinanza non è una risposta alla povertà e perché al salario minimo preferisca il rafforzamento e l’estensione della contrattazione a tutti. Poi strappa un breve applauso quando condanna l’attacco alla sede della Cgil. Consapevole della distanza di pensiero di chi l’ascolta senza fare una piega e della difficoltà che posizioni opposte e per alcuni aspetti anche inconciliabili trovino un punto d’incontro, Giorgia Meloni, con la propria partecipazione al congresso, ha inteso assegnare alla Cgil la funzione di interlocutore importante del governo riconoscendone il fondamentale ruolo sociale. Qualche fischio, qualche insulto, il muro di incomunicabilità alzato dalla parte più ideologica dei presenti, non pregiudicano la rilevanza dell’incontro tra i due “nemici” storici. Un evento significativo per l’ineccepibile accoglienza di Landini, l’impeccabile comportamento di Meloni che si è rivelata una vera leader e per il rispetto reciproco nonostante le diversità di visione. Una lezione di civiltà nella fase di rinnovata polarizzazione. Si è aperto, così, uno spiraglio inimmaginabile, il segno che il segretario e il primo ministro sanno e sperano che prima o poi dovranno, fatalmente, incontrarsi di nuovo.