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Emergenza economica…l’opinione di Rita Faletti

La giornata di oggi sarà cruciale per l’Unione europea e per i 27 che ne fanno parte, in particolare per l’Italia che sta scontando pesantemente l’emergenza coronavirus in termini di perdita di vite umane e, in previsione, di cospicue perdite economiche e ripercussioni sociali. Il nostro debito pubblico, intorno ai 132 punti percentuali di Pil nel triennio 2015-2017, ha ripreso la corsa nel 2018 grazie ai parametri di convenienza politica e clientelismo elettorale scelti dai gialloverdi al posto dell’efficienza manageriale, caricando il Paese di una zavorra difficilmente sostenibile se nella situazione attuale non interverranno misure forti, non solo economiche, a difesa dell’economia reale. Gli strumenti posti sul tavolo dal Parlamento europeo sono : 410 miliardi del Mes (il Fondo salva-Stati) senza le condizionalità a fronte del prestito, misura inizialmente invocata da Conte, poi respinta per motivi politici (ostilità dei 5s), 200 miliardi della BEI ( la banca europea per gli investimenti) a favore di imprese piccole e medie, 100 miliardi del fondo Sure dall’Europa, una specie di cassa integrazione, oltre alla sospensione del Patto di stabilità e al sussidio degli Stati nazionali. Ma la misura shock per far ripartire l’economia chiesta dai Paesi del sud Europa sono i coronabond, che consentirebbero di inondare di denaro i singoli Stati. “E’ il momento di fare una montagna di debito” ha detto Mario Draghi. La dichiarazione dell’ex presidente dell’ Eurotower non è piaciuta ai Paesi del nord, custodi di economie stabili e debiti sovrani sotto controllo, diffidenti nei confronti del “Club Med”, il gruppo dei Paesi mediterranei (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna) tradizionalmente ritenuti meno affidabili. Favorevole ai coronabond anche la Francia, oltre a Irlanda, Lussemburgo, Belgio e Slovenia. La condivisione del rischio, implicita nel mettere in comune una mole di debito, è stata respinta da Olanda, Finlandia, Austria e Germania. Perché mettere mano nelle tasche dei propri contribuenti per salvare le finanze di altri Paesi? Conte ha cercato di rassicurarli garantendo che i debiti pubblici pregressi non verranno mutualizzati e ha sottolineato la necessità di fare fronte comune alla grave crisi. Tra le richieste di implementazione degli strumenti di soccorso all’economia e le limitazioni e i veti, nella partita la Francia sarà probabilmente l’ago della bilancia. Visto dalla prospettiva italiana, ciò che uscirà dal vertice farà la differenza, benché la sfida più impegnativa si disputerà in casa. “Il nostro Paese rischia l’osso del collo” ha detto Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda e probabile successore di Vincenzo Boccia alla presidenza di Confindustria. Bonomi sostiene che al di là di quanto riusciremo ad ottenere dall’Europa, “I problemi si risolvono pensando a ciò che l’Italia può fare per se stessa rispetto a quanto l’Europa può fare per l’Italia. Se poi l’Italia lascia intendere di voler utilizzare la flessibilità per sostenere il reddito di chi lavora in nero, non si ci può stupire se , pandemia o non pandemia, qualche paese europeo possa mostrare una qualche perplessità”. E’ d’accordo Matteo Renzi: “Reddito di esistenza? Un disastro”. Altra variabile fondamentale sottolineata da Bonomi è il tempo. Se la ripartenza sarà rimandata sine die, il paese andrà verso l’abisso. Servono allora progetti e tempi certi e serve una vera rivoluzione che liberi l’impresa privata dalle gabbie burocratiche e dai tempi biblici e dalle inefficienze della Pubblica amministrazione, serve cancellare il codice degli appalti e operare in deroga a tutte le regole vigenti, salvo quelle antimafia, serve abbandonare le politiche assistenzialiste e investire in grandi opere e infrastrutture tecnologiche. Se il Covid-19 agirà da grande pettine, come Massimo Giannini, direttore di Radio capital, auspica, il Governo dovrà sciogliere i nodi che hanno imbrigliato la crescita, soffocato l’economia e aumentato il debito. Le misure di solidarietà devono avere una scadenza limitata al solo tempo dell’emergenza, altrimenti rischiano di diventare permanenti: il rigore nella gestione del denaro pubblico è rispetto nei confronti dei contribuenti fedeli. I mille euro ai lavoratori in nero sono un insulto a chi paga le tasse, un regalo agli evasori, un pessimo insegnamento ai giovani, una vergogna per quello che con un eccesso di retorica viene definito un grande paese. Un grande paese è soprattutto un paese responsabile e civile governato da persone che abbiano il coraggio di dire come stanno le cose. E le aspettative, indipendentemente dalla generosità dell’Europa, non sono incoraggianti. Mother ritafaletti.wordpress.com

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10 commenti su “Emergenza economica…l’opinione di Rita Faletti”

  1. Timidamente qualche massone si espone . .
    Vedrete che proveranno ad ingabbiarci come hanno fatto da tempo.
    Anche se non sarà facile in questa occasione .
    Ma ci proveranno e come . .

  2. Draghi , Monti , Amato , Letta sono dei pezzi da 90 della massoneria .
    Così come Gentiloni Silveri . .

  3. Cavour , Mazzini , Garibaldi erano massoni .
    Le basi di Cosa Nostra sorsero con uno scopo di gestione del Potere .
    Ancora oggi possiamo notare la stretta connessione tra Potere Politico e Mafia ( o meglio le varie forme di mafia ) .

  4. Sul MES sarà una “guerra civile” intestina all’interno della massoneria italiana ed europea .
    Con dei risvolti tutti da scoprire . .
    L’Italia non può andare a fondo, di trascinerebbe dietro l’Europa.
    Oggi si gioca una partita a scacchi importantissima , chi sbaglia mossa può scatenare disastri economici mai visti .
    Conte ha fatto la sua mossa , ora il tratto all’Europa .

  5. terrorista, lei ha la massoneria in testa. Non sprechi energie e stia sereno. Magari faccia un po di flessioni, direi 1000 al giorno e non sprechi tempo sui blog.

  6. @ Pippo : Si documenti prima di dare consigli , tra l’altro non richiesti .
    Quanto postato da terrorista dovrebbe farle capire cosa è accaduto da un pò di tempo a questa parte .

  7. @ Pippo :
    L’unita di Italia fu un pretesto per depredare il sud , così come far scoppiare il banditismo per incrementare lo “schiavismo” .
    Per esercitare il Potere Coercitivo , sorsero le varie associazioni a delinquere nel meridione ed isole .
    Al nord prosperoso occorreva un sud in miseria .

    In Europa serve un sud da spremere e depredare . . . .
    E guarda caso sotto sotto c’è stata sempre la massoneria . . cosi come in questo momento .
    I “muratori” smaniano di edificare edifici comodi per i loro vizi , con cinismo e voracità .

    Non può esistere un nord opulento senza un sud in miseria . . questa la loro “Nuova Umanità” .

  8. leprenellaluna

    Gentile Rita Faletti,
    credo che “l’efficienza manageriale”, a cui fa riferimento nella parte iniziale dell’articolo, non sia stata e non sia nell’agenda dei Governi italiani ormai da parecchie legislature e, purtroppo, neanche nella mente degli imprenditori, almeno non con il significato che il termine “efficienza” esprime.
    Il vocabolario Treccani la definisce come la “capacità di rendimento e di rispondenza ai propri fini”.
    E, premesso che il fine, nella fattispecie, è l’impresa cioè un’attività economica organizzata e che l’Italia può fortunatamente contare su moltissimi imprenditori laboriosi e onesti, riuscirebbe Lei a far calzare perfettamente questa definizione ai manager che hanno diretto e dirigono le più grandi aziende italiane private e parapubbliche?
    Io non ci riesco, con tutta la buona volontà.
    Il Governo ha varato in questi giorni una serie di misure “poderose” a beneficio delle piccole, medie e grandi imprese. Provvedimenti fondamentali e provvidenziali per un tessuto imprenditoriale devastato da un’emorragia spaventosa. Le “gabbie burocratiche” sembrano essere state liberate grazie a finanziamenti da erogare anche senza valutazione del merito creditizio e con la garanzia quasi totale dello Stato.
    Insomma alle imprese si è pensato. Per le famiglie e il resto della popolazione si vedrà più avanti. Al momento, grazie al “Cura Italia”, possono bastare (?!) 600,00 euro alle Partite IVA e la Cassa integrazione ai lavoratori dipendenti (per chi alla data del 23 febbraio scorso il lavoro lo aveva). Solo che questo ammortizzatore sociale in Italia pone all’imprenditore condizioni molto più limitate rispetto al Kurzarbeit tedesco, che ha caratteristiche più simili al Sure.
    Al netto delle penose dispute in un consesso europeo senza anima che non merita lo spreco di una sola parola, voglio augurarmi che tutte queste provvidenze, se confermate, vengano probamente utilizzate dalle imprese mirando alla ripresa e non alla sola salvaguardia dei capitali. Perché il rischio altissimo è che ci si preoccupi di salvare la nave senza darsi troppo pensiero per l’equipaggio. La metafora dell’industria – e dell’impresa in generale – italiana. E, cara Faletti, non ci sono Boccia o Bonomi che possano condurre il timone verso la giusta rotta. Ce lo insegna la storia di Confindustria. Tanti capitani a brandire la loro parte di PIL per ottenere ammortizzatori sociali e finanziamenti pubblici alla ricerca, per poi esibire bilanci privati eccellenti e cospicue prebende. Il principio è semplice e consolidato: prendere dal contribuente per dare all’azionista. Perché da “grande” imprenditore a finanziere è un attimo. Questa è l’industria italiana. Quella che svende e delocalizza, pezzo dopo pezzo, con il beneplacito delle classi dirigenti e con l’effetto di deindustrializzare l’Italia; quella delle cordate che anziché salvare fanno affondare, che, anziché investire il proprio, incassano il capitale altrui, con insuperabile stile.
    Concludo con una riflessione e una speranza sui lavoratori in nero.
    Lei, cara Faletti, in un passaggio di questo articolo sostiene che “i mille euro ai lavoratori in nero sono un insulto a chi paga le tasse, un regalo agli evasori, un pessimo insegnamento ai giovani, una vergogna per un grande Paese” e paventa, come Bonomi, gli effetti dannosi del sostegno al reddito dei lavoratori “sommersi”; una singolare categoria che non si sa bene da chi sia stata inventata ma, a quanto pare, più numerosa di quanto si pensi.
    Io ritengo, invece, che questa sia una strategia vincente, volta a far emergere il lavoro nero dagli anfratti delle aziende italiane che lo impiegano, con il doppio vantaggio di liberare dalla clandestinità un reddito guadagnato onestamente e di portare allo scoperto ciò che disonestamente si nasconde.
    Insomma, si scoprirebbe un tesoro, tutto italiano, di inestimabile valore materiale e immateriale: risorse dall’evasione fiscale e dignità da un lavoro che da nero diventa vero. Una nobile sfida per l’imprenditoria italiana, che è anche un riconoscimento ai contribuenti onesti e ai lavoratori invisibili.
    Un cambiamento epocale commisurato ai provvedimenti che lo promuovono e adeguato alla vita, si spera più civile, di domani.

  9. @leprenellaluna
    quindi Lei ritiene, come il nostro ministro degli Esteri, scomparso per un po’ e riapparso d’incanto negli aeroporti per accogliere mascherine inviate dall’amico “Ping”, che gli imprenditori italiani siano prenditori arraffoni e lestofanti. Ebbene, ce ne saranno anche così, del resto di siffatti individui ne esistono in tutte le categorie, anche i furbi del cartellino si danno da fare a pulire cozze nei bagni degli uffici pubblici invece di lavorare. E’ tutto proporzionato, ma responsabilità e dignità sono pari. Provi a eliminare le imprese, tentativo ancora non riuscito ai grillini della decrescita, e l’Italia sprofonda. Che il nero sia uno dei costumi italici lo sanno tutti, i politici per primi, ma nessuno si sogna di porvi rimedio. A proposito, anche il papà di Di Maio, se ben ricordo, faceva parte di quella genia di brave persone. E’ bastata una scusa ed è stato come se nulla fosse successo. Lei parla di cordate? Per esempio quella dei “capitani coraggiosi” che avrebbero dovuto salvare Alitalia con i nostri soldi? Finirà che sarà lo Stato a farlo, ma sempre con i nostri soldi e Alitalia continuerà ad essere un pozzo di San Patrizio. Nazionalizziamo tutto? Ma se lo Stato non è in grado di difendere nemmeno ciò che possiede, come potrebbe prendersi in carico l’intera filiera produttiva del Paese? Ci vuole, come al solito, competenza e professionalità e poche leggi, ma chiare. Va spazzato via tutto e riscritto da capo, non in burocratese e sperabilmente non da cialtroni e loro amici.

  10. leprenellaluna

    Cara Faletti,
    Le sarebbe bastato leggere la mia premessa: “l’Italia può fortunatamente contare su moltissimi imprenditori laboriosi e onesti” per risparmiarmi le considerazioni che erroneamente mi attribuisce. Altresì, ho considerato provvidenziale il sostegno alle imprese italiane, pilastri dell’economia oltreché esempi, sotto l’aspetto qualitativo, per il mondo.
    Le mie perplessità sono sull’uso disinvolto che di quei fondi se ne può fare, quindi non sul merito ma sul metodo.
    I furbi del cartellino per fare i disonesti devono poter contare sull’assenso dei superiori mentre i furbi dell’amministrazione disonesta attuano una loro insindacabile volontà.
    Le intenzioni e gli effetti delle cordate, poi, non sono una mia opinione ma cronaca diventata storia. L’affidamento di società con bilanci dissestati a grandi manager ha la finalità del risanamento ma il peggioramento dopo la cura svela un’inefficienza sospetta da parte dei salvatori designati, divenuti nel frattempo faccendieri dissennati (e ben pagati) che fanno rimpiangere una nazionalizzazione provvisoria neanche immaginata.
    Diversamente da Lei, non provo alcuna vergogna nel veder sostenere chi non può contare sul reddito di un lavoro irregolare ma nel pensare che ancora oggi molti di coloro che fanno impresa hanno chiaro il concetto di capitale come elemento puramente economico, industriandosi per il suo accrescimento, disconoscendo il capitale umano che, se valorizzato, ne costituisce la parte meno fluttuante. Questa è la vergogna: non considerare i lavoratori risorse ma fonte di approvvigionamento.

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