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Pericoli in vista per il Pd di Zingaretti….l’opinione di Rita Faletti

Le tribolazioni del Partito democratico non sono finite con la vittoria di Zingaretti alle primarie. Un colpo di spugna sul passato e una promessa di rinnovamento non cancellano conflitti e rivalità che hanno lacerato e indebolito il partito più grande della sinistra e disamorato molti suoi elettori al punto da costringerli all’astensionismo o alla fuga verso altre formazioni politiche. Ci voleva la questione Lotti, che definire caso sarebbe improprio in quanto segnerebbe un’eccezione nei rapporti tra magistratura e politica, che ci sono sempre stati facendo finta del contrario, per aprire un cuneo all’interno del Pd tra chi ha espresso ferma condanna nei confronti dell’ex ministro dello Sport nei governi Renzi e Gentiloni, e chi, pur riconoscendo la gravità del comportamento tenuto dal collega di partito,ha avuto toni meno tranchant: Lotti non aveva neanche cariche istituzionali. Ma il capro espiatorio può tornare utile a chi, nel Partito democratico, vuole da tempo liberarsi del fantasma di Renzi, da cui è ossessionato, e intanto non perde l’occasione di farlo con i fedeli in carne e ossa dell’ex premier. Lotti era il braccio destro del Matteo toscano e faceva parte del Giglio magico, rappresentazione floreale del renzismo e bersaglio da colpire e affondare.Un primo assalto vittorioso era avvenuto nel dicembre 2014 con la bocciatura della riforma costituzionale. Oggi, gli incontri segreti e un po’ comici dopo l’ora delle streghe in hotel romani tra Lotti e Ferri da una parte e Palamara dall’altra, non raccontano nulla di sorprendente se non l’ora e il luogo e il pisolino sul divano di un partecipante (se c’ero, dormivo) ma sono un invito rivolto a verginelle immacolate (pescecani della politica, della cultura e della stampa) a gridare allo scandalo per la commistione tra magistratura e politica. Certo, un conto è averne contezza, un conto è scoprirlo dalle registrazioni via trojan nascosti da chi intendeva far scoppiare il caso. A quel punto, non si può fare lo gnorri, meglio approfittare dell’opportunità. Il simulacro della giustizia è caduto. Non sempre giusta, la giustizia è pure tramacciona. E’ una amenità vedere magistrati che hanno la presunzione di giudicarci, fare la fine delle loro vittime. Il tritacarne del circo mediatico giudiziario non risparmia nessuno, politici, magistrati, amministratori pubblici, imprenditori, tutti assieme appassionatamente in un vortice di fango che schizza,di volta in volta, nella direzione voluta da chi ha interesse a liberarsi del “nemico” o farsi pubblicità. Di che stupirsi dunque nel paese più intrallazzatore al mondo? Mattarella è intervenuto: “Caos sconcertante. Da oggi si volta pagina.” Però, la rinascita del Pd ad opera di Zingaretti, aveva illuso molti elettori che il partito potesse chiudere con il passato, le baruffe, le rivendicazioni, le vendette, le zone grigie. Invece ecco che il segretario ringrazia Lotti per essersi autosospeso dal partito. Per i moralisti un terribile autogol e un’opportunità. Nella nuova versione del Pd, ora aperto e inclusivo, si affollano quelli che avevano conti da saldare, gli sconfitti che non si sono arresi, gli ambiziosi che sperano in un ritorno in grande stile, tutto l’antirenzismo possibile, che, con la fregola di fare piazza pulita dei toscani, ha spalancato porte e finestre al governo peggiore che l’Italia abbia mai avuto, e si appresta a inglobare, prima o poi, quei grillini animati dal suo stesso fanatismo giustizialista e dal suo stesso moralismo ipocrita, che scredita l’avversario per prenderne il posto. La sinistra radicale già lavora dietro le quinte per chiudere la stagione riformista iniziata da Renzi e apprezzata dalla parte più aperta e europeista del paese, quella che guarda al futuro e cerca di trainarci fuori dal guado, quella che chiede meno burocrazia, più investimenti, più infrastrutture, più flessibilità. La sinistra radicale chiede più posti di potere per sé, più palchi da cui far risorgere anticaglie ideologiche superate persino nella Russia di Putin e nella Cina di Xi Jinping. Sentiremo di nuovo gli sproloqui di Zagrebelsky applaudito dal solito codazzo leccaculista che si scaglierà contro chi “ha distrutto il partito”, contro il rischio autoritario, contro il leader solo al comando, e simil fesserie.L’aria che tira è brutta anche per la riforma del Mibact promossa da Franceschini e voluta da Renzi nel 2014, che stabiliva l’autonomia dei musei. Il ministro della cultura, Bonisoli, ha iniziato a smantellarla con lo zampino di Tomaso Montanari, il puro, quello della netta distinzione tra arte e business, quello che condanna la promiscuità tra sacro e profano, quello che non sopporta che si faccia business con l’arte (eventi e sfilate all’interno dei musei), l’uomo di kultura che ha definito Zeffirelli “un insopportabile mediocre”, soprattutto quello che dopo il No alla riforma costituzionale già si vedeva capo di una sinistra vincente che esisteva solo nelle sue allucinazioni. Quello che aspira a sostituire Cecilie Hollberg alla direzione della galleria dell’Accademia a Firenze, il cui mandato è prossimo alla scadenza, e che vanta un successo dietro l’altro e incassi esponenziali. Zingaretti vigili sulle nubi fosche che si addensano all’orizzonte, se non desidera che il partito scompaia dalla geografia politica per inseguire progetti pericolosi di controriforma. Ancora popcorn, grazie! ritafaletti.wordpress.com

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