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Scuola vittima di violenza……….l’opinione di Rita Faletti

Nei Paesi asiatici la scuola è tenuta in grande considerazione e la sua funzione educatrice e formatriceè ritenuta imprescindibile da qualunque obiettivo, qualunque sia la classe sociale o il reddito delle famiglie. Sono anzi quelle meno abbienti, le più disposte a sacrifici pur di assicurare alla prole un’educazione che garantisca un futuro lavorativo e professionale. In altre parole, la scuola come superamento della povertà. Il nostro Paese è in controtendenza: l’abbandono scolastico è in aumento. Se poi leggiamoquello che sta succedendo sempre più di frequente in vari Istituti, come il sintomo di una malattia che non da ieri affligge l’istituzione più importante di un Paese, possiamo osservare chela scuola è in piena crisi e nessuno se ne cura. Lo Stato è poco propenso a spendere perché non ha ritorni immediati e gli scioperi studenteschi non fanno neanche il solletico ai politici, tanto i loro figli frequentano istituti privatio vanno a studiare all’estero. Il problema non li tocca. Così della scuola non si parla,ci pensino gli insegnanti a farla andare avanti. Fino a quando un soffitto non crolla sulla testa di uno studente, ferendolo o mandandolo al Creatore. I bagni impraticabili, la carta igienica che manca, i vetri rotti da mesi, il riscaldamento che non funziona, il materiale di cancelleria che manca sono bazzecole. E che dire delle lezioni pomeridiane per insufficienza di aule, del servizio di trasporti inefficiente, degli insegnanti che arrivano dopo mesi dall’inizio dell’anno scolastico e se provengono da altre regioni mandano certificati medici su certificati medici con la complicità di sanitari scorretti? Il nostro Paese non ama i giovani e loro ci ricambiano con lo stesso affetto. D’altro canto siamo un Paese di anziani, egoisti e irresponsabili, attaccati alla nostra presunta tranquillità in nome e a difesa della quale abbiamo disatteso il compito di insegnareil giusto equilibrio tra diritti e doveri. Abbiamo nascosto la testa nella sabbia di fronte allo smarrimento del principio di autorità, che significa saper distinguere tra i ruoli; abbiamo chiuso un occhio sul valore dello studio, della selezione e della formazione, a scuola e altrove. Abbiamo creato una società convinta che tutto le sia dovuto senza dare niente in cambio. “Io ho vinto, voglio tutto e lo voglio subito” le parole di una elettrice del M5s. Tutto è cominciato nel ’68, con la rivoluzione studentesca, che Giuliano Ferrara ha definito giustamente “orgia dei diritti”. Non c’è da stupirsi se uno studente oggi pretende di avere sei quando merita tre, minaccia il professore: ”Chi comanda qui?” e gli ordina di inginocchiarsi. Ci vuole polso, è stato il commento. Indubbiamente, ci vuole polso, ma per avere polso, bisogna, in primo luogo, avere le idee chiare riguardo le relazioni docente-studente, diritti-doveri e bisogna metterle in chiaro,questeidee,fin dall’inizio, e spiegarle, quando serve. E serve nei casi in cui la famiglia è assente perché non esiste o è latitante. La nostra è una società che ha paura di riconoscere la realtà e si ritrae quando deve assumersi responsabilità dimenticando che il senso di responsabilità è alla base della libertà, non quella personale, ma quella di tutti, e della democrazia. I deprecabili episodi di violenza, verbale e fisica, di minorenni sulla via della criminalità ai danni di insegnanti inermi, gli Insulti, le minacce, gli spintoni, le capocciate con il casco, le sediate e le ferite da coltello hanno per protagonisti adolescenti e famiglie che collaborano attivamente in queste spedizioni punitive contro l’insegnante che ha osato riprendere i rampolli incivili e arroganti o dare un’insufficienza. Più che una scuola sembra un corso di pratiche camorriste. La bocciatura può essere la giusta sanzione, ma la strada da percorrere è altra e coinvolge un intero Paese e una sacrosanta lotta all’ignoranza, alla prevaricazione, alle urla belluine della piazza assetata di odio e viziata da decenni di assoluzionismo e autoassoluzionismo. ritafaletti.blog

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